VI Domenica di Pasqua

At 4,8-14; Sal 117; 1Cor 2,12-16; Gv 14,25-29

L’uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello Spirito. (1Cor 2,14)

Dio è certamente discreto. Non si manifesta in modo inequivocabile, non lascia segni così evidenti di sé, non utilizza effetti speciali per penetrare la dura scorza dell’uomo. Dio conosce i nostri limiti ed è bene che li riconosciamo anche noi. Non ci appaia allora così strano che non sia poi tanto facile, almeno per molti, arrivare alla fede. Le nostre forze, scrive Paolo, non sono sufficienti, e il linguaggio umano è troppo limitato per esprimere la realtà di Dio. Abbiamo bisogno di una ventata dall’alto che allarghi il nostro respiro e ci ricollochi di fronte al soffio creatore; abbiamo bisogno che sia il suo Spirito a parlare, e che ritorniamo a Gesù, «via, verità, vita» (cfr. Gv 14,6). Non avremo imparato mai abbastanza, e non avremo mai scandagliato fino in fondo il «pensiero del Signore»; ma la docilità allo Spirito di Dio e la confidenza con il «pensiero di Cristo» (1Cor 2,16) ci condurranno avanti, più vicini a lui, lieti di poter raccogliere qualche timida e felice intuizione sulla via con la quale Dio sta conducendo il mondo alla sua salvezza. Alleluia!

Preghiamo

Alleluia. Signore Gesù,
facci comprendere le Scritture;
arde il nostro cuore mentre ci parli. Alleluia.

(dalla liturgia)

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