XI Domenica dopo Pentecoste
1Re 19, 8b-16. 18a-b; Sal 17 (18); 2Cor 12, 2-10b; Mt 10, 16-20
Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. (1Re 19,11b-13)
È tipico degli esseri umani farsi un’idea di Dio che non corrisponde alla realtà. È facile attribuire al Signore le caratteristiche che si vorrebbero per sé: potenza, forza, grandezza. L’incontro con il Signore chiede a tutti una conversione costante, che renda capaci di riconoscere che egli si rivela in una dimensione ben più profonda, nella piccolezza incisiva del vento, nell’appello costante del silenzio.
Di conseguenza ogni essere umano è chiamato a farsi discepolo rinnovando sé stesso, costruendo una personalità forte a partire dalla scelta per l’umiltà, poiché chi vuole essere discepolo di Gesù sa che la vita riuscita è quella che si dona.
Preghiamo
Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore,
mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;
mio scudo, mia potente salvezza
e mio baluardo.
Dal Salmo 17 (18)