Giovedì della settimana della VIII Domenica dopo Pentecoste

1Sam 26, 3-14a. 17-25; Sal 72 (73); Lc 10, 25-37

Ma Davide disse ad Abisài: «Non ucciderlo! Chi mai ha messo la mano sul consacrato del Signore ed è rimasto impunito?». Davide soggiunse: «Per la vita del Signore, solo il Signore lo colpirà o perché arriverà il suo giorno e morirà o perché scenderà in battaglia e sarà tolto di mezzo. Il Signore mi guardi dallo stendere la mano sul consacrato del Signore! Ora prendi la lancia che sta presso il suo capo e la brocca dell’acqua e andiamocene». (1Sam 26,9-10)

Davide è contrapposto a Saul e provocare la sua morte sarebbe la logica conseguenza delle sue imprese. Al contrario, Davide riconosce che le sue imprese non hanno senso nei suoi desideri personali, ma il suo ruolo è una missione data dal Signore, da portare a termine fino in fondo, lasciando che sia lui a dover trionfare, con tempi e modi personali. 
Ciò non significa per Davide fare un passo indietro, nè impegnarsi in misura minore; significa al contrario vivere fino in fondo il proprio ruolo e quindi saperne anche prendere le distanze, per non lasciare che i propri interessi, parziali, divengano totali, definendo così la perdita e il distacco dalla storia della salvezza.
Quanto affermato da Davide in un momento decisivo interroga ogni cristiano: essere in grado di vivere radicalmente ogni momento dell’esistenza, ma in quanto partecipa della volontà di bene che il Signore ha sulla storia di tutti.

Preghiamo

Quanto è buono Dio con gli uomini retti,
Dio con i puri di cuore!
Ma io per poco non inciampavo,
quasi vacillavano i miei passi,
perché ho invidiato i prepotenti,
vedendo il successo dei malvagi. 

dal Salmo 72 (73)

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