Venerdì della settimana della VI Domenica dopo Pentecoste
Gs 6, 19-20. 24-25. 27; Sal 46 (47); Lc 9, 23-27
Giosuè disse a tutto Israele: «Tutto l’argento e l’oro e gli oggetti di bronzo e di ferro sono consacrati al Signore: devono entrare nel tesoro del Signore». Il popolo lanciò il grido di guerra e suonarono le trombe. Come il popolo udì il suono della tromba e lanciò un grande grido di guerra, le mura della città crollarono su se stesse; il popolo salì verso la città, ciascuno diritto davanti a sé, e si impadronirono della città. (Gs 6,19-20)
La conquista di Gerico si sarebbe potuta trasformare in un’occasione perché ogni membro del popolo affermasse il proprio potere e la propria brama di possesso, al contrario essa è un evento che si inserisce nella storia della salvezza, è un momento decisivo per la realizzazione della promessa fatta dal Signore. Per questo motivo i beni preziosi trovati nella città conquistata non divengono proprietà personale, ma sono affidati al tesoro.
Tutto ciò è espresso facendo riferimento a una cultura che ancora ritiene la guerra come unico mezzo per la conquista, tuttavia quel momento decisivo della storia di Israele diviene motivo per interrogare anche i cristiani contemporanei: in quale modo le conquiste personali, le varie tappe di realizzazione dell’esistenza, sono vissute in una dimensione comunitaria, donandole al Signore come strumento per la realizzazione del suo Regno? Ciò non significa che il Signore si appropri dei buoni risultati personali di ciascuno, piuttosto che ognuno può trovare un senso pieno in ciò che raggiunge, dilatando il suo valore a un orizzonte che, implicando i fratelli, diventa traccia divina.
Preghiamo
Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l’Altissimo,
grande re su tutta la terra.
dal Salmo 46 (47)