Domenica di Pentecoste
At 2,1-11; Sal 103; 1Cor 12,1-11; Gv 14,15-20
Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, i discepoli si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. (At 2,1-2)
Vento, tuono e fuoco, i segni dell’imprevedibilità e dell’inafferrabilità di Dio, scuotono la
primitiva comunità cristiana e ne cambiano radicalmente l’animo: da rinchiusi i discepoli si aprono all’esterno; da ripiegati su se stessi avvertono una nuova proiezione al mondo; da timorosi e incerti si fanno coraggiosi e decisi, pur con tutte le loro domande. Benché poi, di fatto, nella storia che ha dato inizio alla Chiesa, questo sia accaduto con gradualità e attraverso tanti piccoli passi, è chiaro che lo Spirito di Dio ne è stato il protagonista indiscusso. Che anche oggi, ancora oggi, la Chiesa e le Chiese tutte sappiano lasciar entrare un nuovo vento capace di aprire le nostre finestre, chiuse dalle nostre presunte sicurezze! Che sappiamo lasciar ardere il fuoco che purifica e rinnova, abbandonando ciò che non serve più in un rinnovato ascolto della novità dello Spirito! Che sappiamo lasciarci scompigliare e anche un poco spaventare dal tuono che ci risveglia e scuote il nostro torpore e ci sospinge a dinamismo, slancio e a gioiosa passione!
Preghiamo
Manda la tua luce e la tua verità:
siano esse a guidarmi,
mi conducano alla tua santa montagna,
alla tua dimora.
(Sal 43,3)