Martedì della settimana della I Domenica dopo Pentecoste

Es 2, 1-10; Sal 104 (105); Lc 4, 25-30

Un uomo della famiglia di Levi andò a prendere in moglie una discendente di Levi. La donna concepì e partorì un figlio; vide che era bello e lo tenne nascosto per tre mesi. Ma non potendo tenerlo nascosto più oltre, prese per lui un cestello di papiro, lo spalmò di bitume e di pece, vi adagiò il bambino e lo depose fra i giunchi sulla riva del Nilo. La sorella del bambino si pose a osservare da lontano che cosa gli sarebbe accaduto. (Es 2,1-4)

La storia di Mosè ha inizio nella piena incertezza. L’oppressione degli egiziani voleva che morissero i figli maschi degli ebrei, per questo quel neonato viene nascosto e quando non è più possibile tenere il segreto, affidato alle acque del Nilo. Una vita in balìa delle acque, vigilata solo dallo sguardo lontano della sorella.
Proprio da quella vita che inizia tra le difficoltà e con nessuna sicurezza il Signore trarrà colui che guiderà alla liberazione il popolo di Israele. Già da questo difficile inizio il Signore si annuncia capace di grandi cose, a partire dalla cura attenta di una sorella che userà con astuzia tutte le risorse a disposizione per salvare quel bambino. Uno sguardo attento che può essere quello di ciascuno, capace di valutare come collaborare all’opera del Signore, anche quanto tutto sembra opporsi al bene.

Preghiamo

Mandò Mosè, suo servo,
e Aronne, che si era scelto:
misero in atto contro di loro i suoi segni
e i suoi prodigi nella terra di Cam.

Dal Salmo 104 (105)

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