IV Domenica di Pasqua
At 6,1-7; Sal 134; Rm 10,11-15; Gv 10,11-18
E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede. (At 6,7)
Luca, negli Atti, è insistente nel raccontare come il messaggio evangelico si diffonda, raccolga attenzione e adesione da un numero sempre più grande di persone, nonostante le ostilità e gli stessi impacci della prima comunità cristiana. Ci spiega come questa Buona Notizia abbia presa su persone di ogni ceto, con responsabilità e ruoli differenti nella società ebraica del tempo, a Gerusalemme prima e oltre i confini di Israele poi. Qual è il “segreto” di questo “successo”? Quali sono gli elementi di fascino che permettono l’aggregazione di così tante persone? Cosa ha permesso alla timida e incerta prima comunità di “incendiare” così rapidamente il mondo con il messaggio di Gesù? C’è una forza intrinseca che la Parola stessa possiede: non sono i discepoli, né i loro mezzi, e neppure il loro coraggio a fare la differenza; è qualcosa che appartiene alla dinamicità stessa della presenza di Dio, diffusa nella storia del mondo, nel cuore dell’umanità. È la paternità di Dio, è la vita di Gesù, è la libertà generosa dello Spirito a cambiare le cose.
Preghiamo
Loderò il Signore finché ho vita,
canterò inni al mio Dio finché esisto.
Non confidate nei potenti,
in un uomo che non può salvare.
(Sal 146,2-3)