Venerdì della III settimana di Pasqua
At 7,55-8,1a; Sal 30; Gv 6,22-29
E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì. (At 7,59-60)
È possibile per un credente essere come Gesù? Leggendo il martirio di Stefano, sembra proprio che la Parola di Dio ci autorizzi a crederlo, indicandoci la strada dell’imitazione del Maestro e Signore di Nàzaret come percorribile, Via illuminata e capace di aprire il varco dell’eternità. Come Gesù, Stefano proietta il suo desiderio nella direzione della volontà del Padre, cerca di scegliere in modo da rendersi degno del regno di Dio, e al Figlio Salvatore si affida, anche nel terribile passaggio della sua morte violenta. Come Gesù, Stefano perdona chi lo sta uccidendo, riconoscendo il sottile e pervadente mistero del male, ma custodendo anche il desiderio della redenzione per tutti, del riscatto che salva, certo della misericordia divina. Si può morire così e si può vivere così: non è cosa troppo lontana da noi. Possiamo agire da figli nel Figlio, possiamo scegliere guidati dal fascino del regno che viene, siamo capaci di perdonare, di desiderare il bene, anche quando subiamo il male. Possiamo, sì. Perché non già da ora?
Preghiamo
Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore,
provami e conosci i miei pensieri;
vedi se percorro una via di dolore
e guidami per una via di eternità.
(Sal 139,23-24)