III Domenica di Pasqua
At 19,1b-7; Sal 106; Eb 9,11-15; Gv 1,29-34
Si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù e, non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, discese su di loro lo Spirito Santo e si misero a parlare in lingue e a profetare. Erano in tutto circa dodici uomini. (At 19,5-7)
A Efeso Paolo continua la predicazione della Buona Notizia anche ad alcuni discepoli del Battista; e come era accaduto agli apostoli, anche per loro lo Spirito si manifesta con vivacità e forza, attraverso i segni della Pentecoste, quei segni che – dobbiamo dirlo – oggi fatichiamo a ritrovare nella normale vita delle nostre comunità. Il ripresentarsi di quell’importante numero, il dodici, racconta l’ulteriore allargarsi della Via della salvezza, già aperta nella storia di fede del popolo di Israele e poi resa definitiva in Gesù: la promessa di Dio si rinnova, si compie, allarga gli spazi del suo compimento. È per tutti, non esclude nessuno, lascia tracce di festa. C’è da cercare, insieme, una rinnovata effusione dello Spirito sul nostro essere Chiesa, perché non vinca la ripetitività sterile delle nostre forme di appartenenza e sappiamo invece accogliere i segni sempre nuovi di Dio, che ci guida ai linguaggi nuovi con cui parlare nel nostro tempo, alle tracce della profezia di cui tanto abbiamo bisogno, alla festa di riconoscere il compimento delle promesse del Signore.
Preghiamo
Meravigliosa per me la tua conoscenza, Signore,
troppo alta, per me inaccessibile.
Dove andare lontano dal tuo spirito?
Dove fuggire dalla tua presenza?
(Sal 139,6-7)