Martedì della II settimana di Pasqua
At 1,15-26; Sal 64; Gv 1,43-51
«Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, […] uno divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione». (At 1,21.22b)
Quel numero così importante, così carico di simbolicità, il numero Dodici, in cui si poteva riascoltare la promessa di Dio alla storia del suo popolo, Israele, quel numero che anche Gesù aveva voluto per il ristretto gruppo di quanti gli erano più vicini, non può rimanere incompleto, dopo il tradimento e la morte di Giuda. Nelle parole con cui Pietro spiega le ragioni che conducono a questa decisione c’è tutta l’amarezza (e anche un po’ di rabbia) perché un fratello ha smarrito la strada e si è allontanato dalla Via che è Gesù. Ma c’è anche la certezza che la Buona Notizia potrà correre lo stesso, perché altri sapranno accollarsi il compito di testimoniare con vivacità e determinazione, con convinzione e passione. È una fiducia che non può mancarci, che non deve fermarsi alla conta dei numeri, che non deve inseguire i criteri mondani del successo: vanno solamente cercati uomini e donne che sappiano “stare” nel solco del regno di Dio, che sappiano mostrare la bellezza che hanno incontrato in Gesù. Potremmo esserlo anche noi?
Preghiamo
Che cosa renderò al Signore
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore,
davanti a tutto il suo popolo.
(Sal 116,12-14)