Giovedì in albis
At 5,26-42; Sal 33; Col 3,1-4; Lc 24,36b-49
«Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati». (At 5,29b-31)
Alla reiterata proibizione di parlare nel nome di Gesù, che il sommo sacerdote ricorda agli apostoli, Pietro risponde con fermezza e immediatezza, richiamando per sé, e ricordando anche ai credenti che lo interrogavano, che il primato di Dio non va messo in discussione, mai. Le sue parole sono un invito alla conversione, più che un’accusa rivolta a quanti gli stanno davanti: Gesù è stato ucciso, ma quello stesso Gesù è risorto! È stato appeso a una croce, nella morte ingloriosa del peggior malfattore, ma ora sta alla destra di Dio ed è segno di salvezza per tutti; anche per quanti lo hanno ucciso, se ci sarà consapevolezza del proprio errore e desiderio di conversione. Pur con queste parole forti, Pietro annuncia il perdono, svela il volto di Dio misericordioso, prospetta la possibilità di un percorso luminoso e significativo per l’Israele della fede. La strada è però quella dell’obbedienza a Dio, con il coraggio di mettere da parte le proprie stantie sicurezze e la propria presunzione vanagloriosa.
Preghiamo
Non a noi, Signore, non a noi,
ma al tuo nome da’ gloria,
per il tuo amore, per la tua fedeltà.
(Sal 115,1)