Martedì della settimana Autentica
Gb 19,1-27b; Sal 118,161-168; Tb 5,4-6a; 6,1-5.10-13b; Mt 26,1-5
«Fino a quando mi tormenterete e mi opprimerete con le vostre parole?» (Gb 19,2)
Chi soffre non sopporta parole vuote, scontate, anche se apparentemente piene di fede. A volte non riusciamo a sfuggire alla tentazione di usarle. Penso a come la fede messa alla prova dalla vita debba e possa riscoprire il senso e il vero valore delle parole che ascolta. Giobbe ha detto parole splendide: «Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!» (Gb 1,21). Ma oso pensare che le parole che oggi lo tormentano possano essere state anche le sue stesse, usate male. Quanto è breve il passo tra la fede e il fatalismo che vorrebbe aiutarti a viverla sopportando tutto, ma di fatto la uccide. Chi è il Dio in cui credi? Il Padre buono e misericordioso di Gesù o il cieco e cinico fato? A Giobbe son mancati amici con cui pregare, con cui condividere la gioia di poter dire come possiamo dire noi: “Vedrò Dio… il Padre, quello in cui credo e non un altro!”.
Preghiamo
Lodate il nome del Signore,
lodatelo, servi del Signore,
voi che state nella casa del Signore,
negli atri della casa del nostro Dio.
Lodate il Signore, perché il Signore è buono;
cantate inni al suo nome, perché è amabile.
(Sal 135,1-3)