At 14,1-7.21-27; Sal 144(145); 1Cor 15,29-34b; Gv 7,32-36

 

“Dove  sono io voi non potete venire”.                   (Gv 7,34)

 

Il cardinal Martini aveva come motto:”Pro veritate adversa diligere”: amare le avversità quando ci portano alla verità. Vale la pena attraversarle, se l’approdo è il regno di Dio. E’ quanto dicevano Paolo e Barnaba alle comunità da poco fondate. La promessa ricevuta in Gesù ha un valore non paragonabile alle difficoltà che il mondo ci procura (Rm 8,18). Dobbiamo credere che in queste tribolazioni non siamo soli: il nostro pastore vi passa  prima di noi e non lascia la nostra mano mentre guida i nostri passi. Lui sa da dove viene, dove va e dove ci conduce. Nessuno può andare presso di lui senza di lui. La prima domanda dei discepoli fu:”Rabbì, dove dimori?” (Gv 1,38). Confessando la loro “ignoranza”, manifestano il loro desiderio. Non così i giudei del brano evangelico. Essi si difendono da Gesù, come fosse una minaccia. Si pongono domande su di lui, ma non si lasciano interpellare da lui. La loro certezza religiosa di essere giusti li acceca (Gv 9) e lega le mani dell’onnipotente. Ma quelle mani inchiodate sapranno sconfiggere la morte anche per loro.

 

Preghiamo

 

I cieli annunciano la sua giustizia:

è Dio che giudica.

“Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici,

i tuoi olocausti mi stanno sempre davanti.

Se avessi fame a te non lo direi.

Offri a Dio un sacrificio di lode

e sciogli all’Altissimo i tuoi voti;

invocami nel giorno dell’angoscia:

ti libererò e tu mi darai gloria”.                    

         (dal salmo 49)

 

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