Gs 5,13-6,5; Sal 17; Lc 9,18-22

 

Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui. Allora domandò loro: “Ma voi chi dite che io sia?”. Pietro rispose: “Il Cristo di Dio”. (Lc 9,18a.20)

 

La domanda circa l’identità di Gesù sulla bocca dei discepoli, delle folle, di Erode, percorre le pagine dell’evangelo. Oggi Gesù si ritira in preghiera con i suoi perché è solo nel dialogo col Padre che tale identità può essere conosciuta.

Stare in preghiera significa ascoltare la voce di Dio nelle Scritture e lasciarsi rivelare quali vie Egli abbia scelto per venire incontro alle sue creature bisognose di salvezza. E’ nella preghiera che anche Gesù conosce se stesso e assume i tratti della missione che il Padre gli affida: può aprirci all’intelligenza delle Scritture e spiegarci quanto è scritto di lui nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi (Lc 24,44-45) perché lui stesso si è lasciato istruire dallo Spirito che parla in esse. Così appare che tutte le risposte umane, anche quella di Pietro, possono essere teologicamente esatte, ma rischiano di rimanere vuote di significato finché non si lasciano purificare dalla parola del Figlio dell’Uomo che rivela come il compimento del disegno di salvezza passi necessariamente attraverso la croce.

 

Preghiamo col Salmo

 

Ti amo, Signore, mia forza,

perché tu salvi il popolo dei poveri.

Con te mi getterò nella mischia,

con il mio Dio scavalcherò le mura.

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