At 4,23-31; Sal 2; Gv 3,22-30

 

«… l’amico dello sposo…esulta di gioia alla voce dello sposo». (Gv 3,29)

 

Nicodemo presume di sapere. Dalla sua ha la co ­noscenza della legge e il ruolo di anziano del sinedrio, di chi ha l’autorità di giudicare. Giovanni il Battista invece, di se stesso, sa chi non è. Sapere chi non si è fa di noi degli uomini liberi da quella potenza pe ricolosa e distruttrice che è l’illusione. Giovanni sa solo che tutto quello che lui è, ha e fa, lo ha ricevuto dal cielo, da Dio. Come Maria di Nazareth, egli brama la volontà di Dio su di sé. Non la teme, la desidera. Lui sa in chi ha creduto. Il suo è il Dio dello sposalizio, del ban­chetto e della festa. Tutta la sua vita povera e penitente, tutta la sua ascesi, hanno senso solo per il suo sguardo puntato dritto su colui che deve venire. Ed egli esulta di gioia alla voce dello Sposo, Signore della festa, come già esultò di gioia nel grembo di sua madre (Lc 1,44). Gio ­vanni Battista è profezia dell’uomo nuovo; per lui è una buona notizia il diminuire affinché il Cristo possa cre­scere. Sia anche in noi lo stesso spirito, come in Paolo, al tro uomo libero, per poter affermare, almeno alla fine: «Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me» (Gal 2,20).

 

Preghiamo

Ecco, io vengo.

Nel rotolo del libro su di me è scritto

di fare la tua volontà:

mio Dio, questo io desidero;

la tua legge è nel mio intimo.

(dal salmo 39)

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