At 24,27-25,12; Sal 113b(115); Gv 12,37-43

 

«Signore chi ha creduto alla nostra parola? E la forza del Signore, a chi è stata rivelata?». (Gv 12,40)

 

Anche Giovanni, come Marco, Matteo, Luca e Pao lo, cita questo brano di Isaia. È un brano dif­ficile, che scandalizza. Sembra che Dio ci chieda conto di una durezza di cuore che è lui stesso a provoca­re. Forse la lettura è un’altra. La storia è fatta dalle nostre libertà che interagiscono. Spesso è la libertà del più forte che prevale e determina le vite degli altri. Questa capa­cità di prevaricare è intesa dal mondo come gloria. Dio, in Gesù di Nazareth, percorre un’altra strada. Lui non ha bisogno di dimostrare di essere il più forte. Si affida allo strumento della parola, che ha tutta la debolezza e la for ­za cui accennavamo precedentemente. Ma questo strumento, appellandosi alla libertà di chi ascolta, è suscettibile di rifiuto. Allora il Dio che acceca e rende duri di cuore, forse, vuole indicare il Creatore che accetta di passare attraverso cecità e durezza delle sue creature, poi ché tutto vuole tranne che forzare la loro libertà. Come il chicco di grano, accettando la morte, egli produrrà frutto nuovo. Davanti alla sua morte potremo addirittura abbandonare la gloria falsa e violenta di questo mondo e riconoscere quella di Dio.

 

Preghiamo col Salmo

 

Perché le genti dovrebbero dire:

«Dov’è il loro Dio?».

Il nostro Dio è nei cieli:

tutto ciò che vuole, egli lo compie.

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