GIOVEDì 28 APRILE
 

 

At 24,27-25,12 / Sal 113B (115); Gv 12,37-43

 

«Amavano infatti la gloria degli uomini più che la gloria di Dio». (Gv 12,43)

 

 

La radice dell’incredulità è l’indifferenza o la sufficienza. La prima dice il fatto che si ritiene di non aver bisogno di Dio e di essere soddisfatti così, di non avere interesse verso il vangelo e la vita spirituale e di non avere alcun desiderio per qualcosa che sta oltre, oltre questa terra e questa vita. La sufficienza è quella di chi crede di poter bastare a se stesso e di potersela cavare, per quanto possibile, in modo proprio.

L’evangelista ne aggiunge un’altra: la gloria degli uomini. I capi del popolo, infatti, rifiutano di credere in Gesù perché cercano il riconoscimento, il plauso, il consenso dei loro colleghi e non guardano a Dio. Seguire Gesù è compromettente ed implica il prendere le distanze da interessi e poteri che fino ad ora avevano riempito le giornate. Ciò è scomodo: eppure c’è una gloria effimera ed una eterna, ce n’è una sempre in bilico sugli umori e le vicende volubili della politica e degli affari ed una stabile fondata sull’amore senza fine. Si tratta di scegliere da quale gloria lasciarsi illuminare e condurre.

 

 

Preghiamo

 

Perdona Signore la nostra incredulità,

perdona l’affanno con cui inseguiamo i successi del mondo,

donaci sempre il desiderio di te

e la tua luce risplenda sul nostro volto.

 

 

[da: La Parola ogni giorno. La sapienza è uno spirito che ama l’uomo, Pasqua 2016, Centro Ambrosiano, Milano]

 

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