At 15,1-12; Sal 121(122); Gv 8,21-30
«Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo allora conoscerete che Io Sono…». (Gv 8,28)
Credere che Gesù è “Io sono”: questa è la salvezza che ci strappa dalla morte causata dal nostro peccato. I detrattori di Paolo, presunti difensori della tradizione, guardavano a Mosè. Paolo, invece, guar dava a colui che Mosè stesso guardava. Gesù, affermando di essere “Io sono”, rivela chi e cosa contemplava Mosè nel roveto ardente (Es 3,1ss). Quel Dio, che ha udito il nostro grido e che conosce le nostre sofferenze, è sceso, oggi come allora, per liberarci. Il roveto ardente è profezia della croce. In entrambi, prima in figura e poi nella realtà, contempliamo l’Inatteso e l’Inimmaginabile: un Dio che conosce le mie sofferenze!
Sulla croce incontriamo colui che non ha paura né vergogna di prendere posto nel nostro inferno, sedendosi, come diceva Teresa di Lisieux, alla mensa dei peccatori. Nella sua massima impotenza manifesta la sua onnipotenza: uccide la morte e svuota il peccato del suo potere. Gesù fa le cose gradite a suo Padre. Sulla croce, il cuore del Figlio e il cuore del Padre si manifestano in quello che sono, sentono e fanno per noi.
Preghiamo
Lavami e sarò più bianco della neve.
Fammi sentire gioia e letizia,
esulteranno le ossa che hai spezzato.
Crea in me o Dio un cuore puro,
rendimi la gioia della tua salvezza.
(dal salmo 50)