Mercoledì 19 aprile – Ottava di Pasqua

 

At 5,12-21a; Sal 33 (34); Rm 6,3-11; Lc 24,13-35

 

Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui (Lc 24,25-27).  

 

Il Cristo risorto nella risposta che dà ai due discepoli di Emmaus offre la chiave delle Scritture, unificando sotto l’importante verbo «bisogna» la vicenda del Messia e il suo duplice esito, quello mortale e quello glorioso. L’annuncio pasquale non solo non cancella lo scandalo della croce ma intende recuperarlo in tutto il suo significato. Inizia qui a chiarirsi il senso della necessità, come parte della storia salvifica, fattore previsto da Dio stesso e conforme al suo volere. È il Risorto stesso a rimproverare la riluttanza nel credere «a tutto ciò che hanno detto i profeti». Gesù stesso lo esplicita: l’interpretazione di tutte le Scritture a partire da Mosè diviene la modalità attraverso cui egli mostra che la morte di croce appartiene al disegno di Dio. V’è, in altre parole, una costante connessione fra la comprensione delle Scritture e la croce. La croce non è predetta dalle Scritture ma è «conforme» a esse. Le Scritture rinviano a Cristo e Cristo rinvia alle Scritture. La croce non contraddice la potenza di Gesù, semplicemente svela l’altra faccia del mistero: la potenza indica la messianicità, ma la croce esplicita come tale messianicità si rivela.

 

Preghiamo

 

Signore Gesù,

fa’ che non guardiamo alla croce come ad una sconfitta!

In essa già risplende la luce della risurrezione,

la quale non cancella i segni della passione.

 

 

[da: La Parola ogni giorno. L’esistenza “in Cristo”, Quaresima e Pasqua 2017, Centro Ambrosiano, Milano]

 

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