Sabato della settimana della X domenica dopo Pentecoste

ponziano-e-ippolito

Discendente di una delle più nobili famiglie romane, quella dei Calpurni, Ponziano fu vescovo di Roma per quattro anni dal 231 al 235, durante l’impero di Alessandro Severo, periodo in cui la Chiesa godette di una relativa pace. Ma alla tranquillità all’esterno corrispondevano discordie all’interno.
Dal tempo dell’elezione di Callisto (217) c’era infatti un antipapa, Ippolito, un prete romano, celebre per la sua conoscenza delle Sacre Scritture e per la profondità del suo pensiero, che col suo piccolo e agguerrito gruppo rigorista continuava la sua opposizione alle scelte pastorali che la Chiesa di Roma portava avanti, concedendo il perdono ai lapsi (coloro che in tempo di persecuzione non avevano avuto il coraggio di professare la loro fede) e permettendo il matrimonio tra liberi e schiavi.
Quando ad Alessandro Severo succedette l’imperatore Massimino il Trace, ripresero le persecuzioni contro i cristiani. Ponziano fu condannato alle miniere in Sardegna, e per non lasciare senza guida la sua comunità, rinunziò al pontificato. Gli successe il greco Antero, mentre egli veniva deportato insieme al prete Ippolito nell’isola della morte, dove il clima malsano, i maltrattamenti e il duro lavoro stroncarono in breve tempo la loro vita.
Si pensa che il prete Ippolito, condannato insieme al papa Ponziano, sia il dotto Ippolito, agguerrito antagonista. Così ha ritenuto il papa Damaso che ha composto per lui l’iscrizione in cui lo riconosce confessore e martire della fede, mentre invita i suoi seguaci a tornare alla comunione con il papa legittimo. Dall’antichità la Chiesa milanese ha venerato in modo speciale sant’Ippolito, iscrivendone il nome nel canone della Messa.

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