II Domenica dopo Pentecoste
Barnaba significa “figlio della consolazione”, un uomo dunque capace di confortare i fratelli: già in tale appellativo è detto il tratto fondamentale della personalità di questo cristiano della prima ora, di nome Giuseppe, di cui ci parlano gli Atti degli Apostoli e lo stesso Paolo, un uomo che, per il ruolo importante che svolse nella diffusione del Vangelo, ha meritato il titolo di “apostolo”. Nativo di Cipro, levita, entrando nella comunità cristiana, mostrò subito di comprendere le esigenze radicali di chi si pone alla sequela di Cristo; si spogliò infatti di tutti i suoi beni e li mise a disposizione degli apostoli. Nell’elogio che troviamo nel libro degli Atti (11,24) si parla di lui come di “un uomo virtuoso, pieno di Spirito Santo e di fede”. E appunto alla luce dello Spirito comprese che i pagani potevano entrare nella Chiesa all’unica condizione che credessero in Gesù Cristo. Insieme a Paolo, che lui stesso presentò agli apostoli, si dedicò per oltre un anno all’evangelizzazione di Antiochia, dove i seguaci di Cristo furono detti per la prima volta cristiani. Con Paolo affrontò le fatiche e i rischi del primo viaggio missionario; poi, per dissensi intercorsi con l’apostolo delle genti, si separò da lui e fece ritorno a Cipro, con suo cugino Giovanni Marco, il futuro evangelista. Dopo aver predicato il Vangelo a Roma e a Milano, secondo la tradizione, si recò a Salamina, dove morì martire intorno all’anno 63.