Sabato della settimana della II Domenica dopo la Dedicazione
La Chiesa fa memoria di Elisabetta e Zaccaria, i genitori di Giovanni Battista. Sappiamo di loro solo quello che ci racconta Luca nel primo capitolo del suo Vangelo, ma nella sobrietà della notizia sono espresse con grande efficacia la bellezza singolare e la esemplarità della loro vita. “Erano giusti agli occhi di Dio e osservavano irreprensibilmente tutti i comandamenti e le leggi del Signore” (Lc 1,6). E tuttavia Elisabetta era sterile: una vergogna per una donna ebrea che si vedeva esaltata solo nella maternità, manifestazione visibile della benedizione di Dio. Ma proprio in quanto sterile, entra nel novero delle donne che Dio riscatta dalla loro afflizione, in cui manifesta la sua grazia assoluta.
Come annunciato a Zaccaria, Elisabetta darà alla luce Giovanni, il precursore del Signore Gesù, colui che lo battezzerà e lo indicherà come l’Agnello di Dio, il Salvatore del mondo. Dopo l’annuncio della sua maternità, Elisabetta si tiene nascosta per cinque mesi, in quel silenzio che prepara e precede sempre le grandi opere della salvezza. In questo ritiro avviene l’incontro con Maria che corre da lei come a cercare conferma dell’annuncio a sua volta ricevuto, del prodigio di un Frutto che nascerà dalla sua verginità visitata dallo Spirito. E nell’incontro delle due donne fatte madri per grazia, Maria riceve da Giovanni la conferma, con la gioia che il bambino manifesta sobbalzando nel seno di Elisabetta: così inizia già prima della nascita la sua opera di precursore.
Elisabetta e Zaccaria impongono a Giovanni il nome ricevuto dall’Alto, riconoscendo così la missione di questo figlio e il dono che rappresenta per loro; a questo riconoscimento si sciolgono alla lode le labbra di Zaccaria, che il dubbio aveva reso mute. Le parole del saluto gioioso di Elisabetta a Maria sono entrate a far parte della preghiera dell’Ave Maria: Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, e sono sempre sulle labbra dei credenti.
Come il canto in cui prorompe Maria, il Magnificat, il Benedictus è il cantico di Zaccaria; entrambi sono entrati nella preghiera quotidiana della Chiesa, espressione suprema della esultanza e della lode a Dio che compie le sue opere più belle proprio nell’impotenza e nella povertà delle sue creature.