Martedì della settimana della Domenica che precede il martirio di san Giovanni il Precursore

schuster

Alfredo Schuster nacque a Roma il 18 gennaio 1880 da famiglia bavarese. Il padre, già dal 1845 era venuto a Roma, ove per venticinque anni svolse servizio nell’esercito pontificio zuavo. Rimasto, ancor bambino, orfano di padre Alfredo, per il benevolo interessamento di un nobile signore entra, undicenne, come alunno nel monastero benedettino di S. Paolo fuori le mura. In seguito decide di intraprendere la vita monastica, e il 13 novembre 1898 inizia il noviziato ricevendo il nome di Ildefonso.
L’anno dopo emette la sua professione monastica, e il 19 marzo 1904 viene ordinato prete. Dopo quattro anni è nominato maestro dei novizi, quindi procuratore generale della Congregazione benedettina cassinese e, nel 1918 viene eletto abate ordinario di San Paolo fuori le mura. In quegli anni, a S. Paolo, predica esercizi a personalità ecclesiastiche (tra esse, il card. Angelo Roncalli con cui coltiva un’intensa amicizia), insegna, scrive e pubblica studi di storia ecclesiastica, archeologia cristiana, liturgia; è rivestito dell’incarico di presidente del Pontificio Istituto Orientale, della Pontificia Commissione di Arte Sacra e di visitatore apostolico.
In questa veste venne anche a Milano, dove promosse la costruzione del nuovo seminario diocesano a Venegono. Il 26 giugno 1929 viene nominato e il 21 luglio dello stesso anno viene ordinato, da Papa Pio XI, 139° arcivescovo di Milano ed elevato al cardinalato, primo presule italiano nominato nel regime concordatario appena avviato, in pieno fascismo. Educato nella vita monastica a nulla anteporre a Dio, intese il suo ministero episcopale soprattutto come ministero di santificazione. Costantemente ispirandosi a san Carlo Borromeo ne riattualizzò la carità verso i poveri e gl’infelici, la fermezza nel difendere l’integrità della fede e la libertà della Chiesa, la cura per la celebrazione liturgica e la dottrina cristiana, l’assidua presenza accanto al popolo soprattutto mediante la visita pastorale, attuata quasi cinque volte in tutta la vastissima diocesi.
Durante la seconda guerra mondiale rimase nella Milano occupata dalle truppe tedesche, scongiurò con il suo personale intervento la distruzione di Milano e soccorse, senza discriminazione di parti, le sofferenze e miserie provocate dal conflitto. Con zelo appassionato convocò cinque sinodi diocesani, un concilio provinciale, congressi eucaristici e mariani; rivolse numerose e puntuali lettere al popolo e al clero diocesano, animò il rinnovamento della vita liturgica, curò che si edificassero e dedicò nuovi edifici di culto, ebbe a cuore anche di promuovere la stampa cattolica e i centri culturali, nonché l’impegno nel campo sociale. E tutto questo, senza mai perdere l’anima monastica, ma anzi attingendo la propria energia vitale da questo interiore “chiostro” che lo faceva uomo di preghiera e d’instancabile e incondizionata dedizione all’Evangelo e trapelava anche da alcuni tratti un po’ sorprendenti del suo stile (orari e ritmi delle sue giornate, semplificazione dei gusti e dei bisogni, libertà rispetto a norme convenzionali…). Obbligato dai medici a concedersi alcuni giorni di riposo, si ritirò nel seminario di Venegono e lì, all’alba del 30 agosto 1954, concluse la sua esistenza terrena. Il 12 maggio 1996 papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato.

Ti potrebbero interessare anche: