San Patrizio, vescovo

Nacque nella Britannia romana verso il 385 da genitori cristiani appartenenti alla borghesia. Il padre, Calpurnio, era uno dei consiglieri municipali. A 16 anni, mentre si trovava nella proprietà terriera del padre, Patrizio fu preso e fatto prigioniero da predatori irlandesi, e poi portato nella zona nord-orientale dell’Irlanda. Il periodo di cattività che trascorse pascolando le pecore, nella solitudine, lo aiutò a ritrovare Dio e lo orientò a una vita di preghiera e di penitenza. Dopo sei anni udì in sogno una voce che gli diceva di fuggire a sud, dove lo attendeva una nave. Arrivato in Gallia, raggiunse la sua famiglia. Dopo aver seguito un corso di studi, forse a Auxerre, un altro sogno, nel quale udì la voce degli irlandesi che gli chiedevano di ritornare, lo allontanò nuovamente dalla sua patria. Nel frattempo era morto Palladio, inviato da papa Celestino I in Irlanda per servire le varie comunità cristiane del paese.

Patrizio allora, nel 422, fu ordinato vescovo e inviato in Irlanda come suo successore. Negli anni di prigionia Patrizio aveva potuto conoscere la gente e la struttura sociale dell’isola, priva di centri cittadini e organizzata in clan, retti ciascuno da un capo indipendente. In questa struttura Patrizio seppe inserire la sua opera di evangelizzatore, formando un clero locale e piccole comunità cristiane in seno allo stesso clan.

Durante la sua esperienza in Gallia egli aveva potuto apprezzare il valore della vita monastica, e così, mentre provvedeva in Irlanda alle Chiese locali, gettava il seme di una vita monastica intensa, erigendo varie abbazie, che saranno l’embrione delle future città. Controversa è la data della sua morte, che avvenne verso il 461. Patrizio ci ha lasciato due scritti molto importanti: la Confessio e la Lettera a Coroticus.

Nel calendario romano san Patrizio è ricordato il 17 marzo. Nel 1455 in questa data moriva fra’ Giovanni di S. Domenico, noto come Beato Angelico. Nei suoi dipinti seppe realizzare l’armonia tra l’arte e la purezza di cuore di un vero cercatore di Dio. Nel convento fiorentino di S. Marco ci ha lasciato una delle espressioni più pure dell’arte religiosa del Rinascimento.

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