I 40 martiri di Sebaste

 
Oggi in molte Chiese d’Oriente ricorre la memoria dei 40 martiri di Sebaste, che il Martirologio Romano ricorda il 10 marzo e la chiesa armena il sabato dopo la metà della quaresima. La dodicesima legione dell’esercito romano era accampata agli inizi del IV secolo nella cittadina armena di Sebaste. Di fronte all’ordine dell’imperatore Licinio, il quale aveva comandato a tutti i militi romani di offrire sacrifici agli dei, quaranta soldati opposero un fermo rifiuto, a motivo della loro fede cristiana. Immediatamente processati, essi furono condannati a morire di freddo, dopo essere stati lasciati completamente nudi su di un lago gelato al rigore dell’inverno.
La vicenda dei 40 martiri di Sebaste fu presto narrata e proposta come esempio di testimonianza comunitaria resa a Cristo fino al dono della vita. Nell’iconografia tradizionale si sottolinea l’aiuto reciproco che i 40 martiri si prestarono gli uni agli altri di fronte alla morte ormai certa. Secondo la tradizione, fu Emmelia, madre di Basilio di Cesarea, a far costruire la prima chiesa dedicata alla loro memoria, che si estese rapidamente a tutte le chiese cristiane.
 
 
Il 10 marzo si ricorda anche san Macario di Gerusalemme, vescovo. Il suo nome significa ‘beato’, ‘felice’. Noi lo conosciamo solo come vescovo di Gerusalemme. Al suo tempo la città santa non c’era più, perché rasa al suolo; sulle sue rovine era sorta una colonia romana detta Ælia Capitolina, col suo Campidoglio, costruito sul luogo della sepoltura di Gesù. Macario vive come vescovo un momento storico molto importante: gli imperatori Costantino e Licinio danno ai cristiani la piena libertà di praticare la loro fede e di costruire i loro luoghi di culto. È la ‘pace costantiniana’, estesa a tutto l’Impero e, dunque, anche a Gerusalemme, dove Macario si mette al lavoro; ottiene dal sovrano il consenso per abbattere il Campidoglio e così fa tornare alla luce l’area del Calvario e del Sepolcro. Su di essa sorgerà più tardi la basilica della Risurrezione. Negli stessi anni c’è nel mondo cristiano un’aspra divisione, provocata dalla dottrina di Ario sulla natura di Gesù Cristo. Macario, da Gerusalemme, si oppone subito alla dottrina ariana e interviene poi nel maggio del 325 al Concilio di Nicea, dove viene confermata la dottrina tradizionale. Si ritiene che il vescovo Macario sia stato uno degli autori del ‘Simbolo niceno’, ossia del Credo che ancor oggi proclamiamo durante l’Eucaristia, professando la fede ‘in un solo Dio, Padre onnipotente’ e ‘in un solo Signore Gesù Cristo, Dio vero da Dio vero’.
 
 
 

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