Sant'Agostino di Canterbury, vescovo (VII secolo)
Agostino era priore del monastero di sant’Andrea al Celio, quando il papa Gregorio Magno lo chiamò per inviarlo a portare in Inghilterra il Vangelo di Cristo. Questa missione fu forse sollecitata dalla regina Berta, cattolica, di origine franca, moglie del re del Kent, Etelberto, che desiderava che anche l’Inghilterra fosse evangelizzata e i popoli anglosassoni aderissero alla fede cristiana. Il papa, nel 596, affiancò ad Agostino 40 monaci benedettini, con i quali si mise in viaggio per Canterbury. Ivi, il re, pur essendo pagano, accolse benevolmente la missione romana e donò al monaco del terreno per costruirvi l’abbazia. Agostino e compagni trovarono una grande apertura all’annuncio dell’Evangelo, al quale davano anzitutto testimonianza con una vita ispirata alle prime comunità apostoliche. In seguito anche il re si convertirà al cristianesimo e Agostino verrà consacrato vescovo e primate della Chiesa inglese.
Egli continuerà tuttavia a conservare la sua identità di umile monaco benedettino. A Canterbury fissò la sua sede episcopale, mentre la Chiesa andava espandendosi in quasi tutto il Kent ed egli la edificava con la sua parola e la sua santità. Non riuscì però a fare unità tra la Chiesa bretone e quella sassone, perché troppo forte era ancora il rancore dei bretoni contro i sassoni invasori. Agostino morì a Canterbury nel 604 e fu sepolto nella cattedrale che porta il suo nome.
Oggi si ricorda anche il Beato Lodovico Pavoni, sacerdote (XVIII secolo) Lodovico nacque a Brescia, l’11 settembre 1784, da una nobile famiglia. Ricevette una formazione completa, filosofica, umanistica e artistica nel convento di S. Domenico. Chiamato al sacerdozio, fu ordinato, il 21 febbraio 1807 e il suo primo ministero fu l’apostolato tra i giovani negli oratori. A soli 28 anni fu nominato segretario del vescovo Nava. La sua profonda partecipazione alla vita e ai problemi della diocesi rese ancor più urgente in lui il desiderio di dedicarsi ai giovani, in particolare ai giovani più bisognosi. Fondò dapprima un “suo” oratorio per i ragazzi più poveri, ma subito gli sembrò inadeguato.
Nel 1818, sostenuto dal Vescovo, che rinuncerà alla preziosa collaborazione del suo segretario, escogitò per loro un’opera di formazione, più completa, religiosa, morale e anche professionale. Nel quartiere, presso la chiesa di S. Barnaba, dove era rettore, raccolse i primi sette orfani e li preparò alla vita, avviandoli anche ad un lavoro manuale. Furono questi i piccoli inizi delle scuole professionali che seguiranno. Entro tre anni la piccola famiglia divenne l’Istituto di S. Barnaba, che ospitava numerosissimi giovani e dove si potevano apprendere ben 11 specializzazioni professionali. La più apprezzata fu la tipografia che, dal 1823 come “prima scuola grafica in Italia”, agisce con nome proprio “stampando buoni libri – come diceva il Pavoni – tanto necessari alla società”.
Nel 1841 Pavoni apre le porte del suo Istituto anche ai piccoli sordomuti e li considererà come “porzione eletta” della sua scuola, che avrà da quell’anno una nuova sede. La fioritura crescente dell’Istituto aveva richiamato attorno al Pavoni vari collaboratori ecclesiastici e laici, con i quali, per assicurare la continuità dell’opera, fonderà la congregazione dei Figli di Maria Immacolata, che saranno religiosi operai tra gli operai. Egli stesso, l’8 dicembre 1847 emetterà, con i suoi primi collaboratori, i voti religiosi, associando anche il voto speciale dell’apostolato educativo della gioventù abbandonata. Pavoni morì poco dopo, a Brescia, il 1° aprile 1848.