Santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno, vescovi e dottori della Chiesa
nasce a Cesarea, in Cappadocia, nel 330 da una famiglia profondamente cristiana: i nonni e i genitori erano considerati santi, la sorella Macrina, monaca e guida di una comunità monastica, aveva un grande ascendente su di lui, e due dei fratelli, Gregorio di Nissa e Pietro di Sebaste, furono come lui vescovi. Compì gli studi a Cesarea, a Costantinopoli e poi ad Atene, dove ritrovò Gregorio di Nazianzo, l’amico del cuore fin dal tempo degli studi a Cesarea. Qui vissero insieme, applicandosi allo studio e alla ricerca della vera sapienza. Intorno a loro si formò un circolo di amici animati dalla stessa tensione di ricerca, che riconoscevano in Basilio il loro capo morale. Ma dopo cinque anni di studi nella capitale della sapienza greca, Basilio tornò in patria, ascoltando le pressanti esortazioni della sorella Macrina e attirato dalla fama di Eustazio di Sebaste, il promotore del monachesimo in Cappadocia.
Nel 355, intraprese un lungo viaggio che gli permise di conoscere la vita monastica in Siria, Palestina, Egitto e Mesopotamia. Ricevuto il battesimo, si ritirò nella solitudine di Annesi, sulle rive dell’Iris, dove presto lo raggiunse l’amico Gregorio, e dove visse un’esperienza di vita monastica fatta di preghiera, lavoro manuale, austerità e studio della Scrittura e delle opere di Origene. Istruito da Dio attraverso la via maestra delle Scritture, Basilio radunò attorno a sé un numero sempre crescente di compagni desiderosi come lui di vivere con totale dedizione il comandamento dell’amore. Divenuto vescovo di Cesarea, si adoperò con tutte le sue forze per il servizio della Parola di Dio, opponendosi a tutti coloro che ne davano una interpretazione riduttiva o distorta, e promuovendo l’esercizio della carità: prescrisse che in ogni circoscrizione ecclesiastica si organizzasse un ospizio e nei dintorni di Cesarea edificò un vasto complesso con diversi reparti per l’assistenza ai pellegrini e la cura dei malati, una vera “città della carità”, che fu chiamata poi Basiliade, una delle meraviglie del mondo, la definirono i suoi contemporanei.
Nelle Chiese bizantine è ricordato in particolare per la Divina Liturgia, che va sotto il suo nome e per il suo Asceticon, un’opera che è alla base di tutte le regole di vita monastica cenobitica in oriente, ed è conosciuta e apprezzata in occidente, grazie alla traduzione latina che ne ha fatto Rufino di Aquileia. San Benedetto indica nella sua Regola il santo Padre Basilio come un Maestro. Basilio morì il 1° gennaio 379, lasciando alla Chiesa un ricco patrimonio di tesori spirituali: il monachesimo che egli aveva rinnovato e gli scritti teologici pieni di sapienza, che gli avrebbero meritato il titolo di Grande e Dottore. Al concilio di Costantinopoli, che si celebrò subito dopo la sua morte, alla base del simbolo di fede comune a tutte le Chiese cristiane sta appunto la sua riflessione teologica sulla Trinità e sullo Spirito Santo.
Gregorio nasce ad Arianzo, una borgata presso Nazianzo, in Cappadocia, verso il 330. Suo padre, che portava il suo stesso nome, era stato eletto vescovo della città e sua madre, la nobile Nonna, godeva la stima di tutti per la sua fedeltà al vangelo. Per la sua formazione culturale i genitori scelsero le migliori scuole del tempo: iniziò gli studi a Cesarea, insieme a Basilio che divenne il suo più caro amico, poi passò a Cesarea di Palestina, quindi ad Alessandria, nella scuola dove ancora echeggiava la voce di Origene, e infine approdò ad Atene. Qui il suo sodalizio con Basilio si consolidò al punto che questi disse che senza la comunione con Gregorio, “egli non avrebbe riportato da Atene, dopo un lungo e vano lavoro, che le scienze e una sapienza riprovata da Dio”.
Dopo il battesimo si ritirò, nel 355, a vita monastica prima sulle sponde dell’Iris con Basilio e poi nel monastero fondato da Basilio stesso a Neocesarea. Su pressione del padre prima e poi dell’amico Basilio dovette accettare di essere ordinato prete e poi consacrato vescovo per dare il suo contributo alla concordia nella Chiesa e al ritorno delle comunità cristiane alla fede nicena.
La sua esistenza si svolse tra la solitudine e la pace del monastero e il travaglio del servizio alla Chiesa in un tempo difficile di controversie teologiche e divisioni. All’amata solitudine poté tornare definitivamente gli ultimi anni della sua vita, nella sua casa natale di Arianzo, dove morì nel 389-390. Se non riuscì come l’amico Basilio ad essere un uomo di governo, lasciò alla Chiesa una ricchezza incalcolabile con i suoi scritti, diventando uno dei maestri più letti ed amati in Oriente e in Occidente.