Giovedì della V settimana di Pasqua
Il brevissimo pontificato dell’eremita Pietro del Morrone – solo cinque mesi -, divenuto papa con il nome di Celestino V, e la sua rinuncia alla carica dettero luogo lungo i secoli alle interpretazioni più contrastanti. Dante lo ritenne un vile, mentre Petrarca considerò il suo rifiuto un atto di grande libertà.
Pietro nacque in Molise nel 1215, undicesimo figlio di una povera famiglia. Entrò nel monastero benedettino di S. Maria di Faifoli, ma ben presto si sentì spinto alla vita eremitica. Ordinato prete nel 1239, visse in solitudine sul monte Morrone, vicino a Sulmona, da dove si allontanò nel 1245 per sottrarsi alla curiosità dei pellegrini che lo andavano a cercare, prendendo dimora sulla Maiella. Divulgandosi sempre di più la fama del santo anacoreta, sorsero intorno a lui nuovi gruppi di eremiti, che nel 1263 Urbano IV approvò come nuova congregazione, inserendola nell’ordinamento monastico benedettino.
Pietro si dedicò intensamente all’organizzazione della sua congregazione, che assunse subito una grande popolarità (alla morte del santo contava circa seicento membri), senza riuscire tuttavia a tacitare il richiamo alla sua amata solitudine. Mentre si trovava nell’eremo S. Onofrio sul versante occidentale del monte Morrone, lo raggiunse, nell’estate del 1294, la scelta dei cardinali riuniti in conclave che, dopo una vacanza pontificia che durava da oltre due anni, lo designarono papa. Il 29 agosto Pietro venne consacrato nella chiesa di S. Maria di Collemaggio, presso l’Aquila, col nome di Celestino V.
Ma il pio e santo eremita riconobbe presto le manovre condotte intorno alla sua persona, e gli interessi politici ed economici che lo premevano da ogni parte, oltre alle interessate ingerenze di Carlo d’Angiò, per cui, nel timore che la sua debolezza potesse essere di ostacolo invece che di aiuto alla Chiesa, dopo appena cinque mesi dall’elezione, il 13 dicembre 1294, presentò al collegio cardinalizio la propria rinuncia, sperando di poter ritornare alla pace dell’eremo. Ma poco dopo, il suo successore, Bonifacio VIII, per timore che potesse diventare un punto di riferimento per i suoi oppositori, lo fece arrestare e lo tenne sotto custodia nel castello di Fumone, dove Pietro Celestino visse in completo e coatto isolamento e dove morì, il 19 maggio 1296. Clemente VI nel 1313 lo iscrisse nell’albo dei santi. Le sue spoglie riposano nella chiesa di S. Maria di Collemaggio.