Sabato della settimana della VIII Domenica dopo Pentecoste
Marta di Betania è nominata insieme a Maria nei vangeli in un passo di Luca (10, 38-42) e, con l’aggiunta anche del fratello Lazzaro, in due passi di Giovanni (Gv 11, 18-40 e Gv 12,2). Marta appare come una vivace discepola del Signore, di fede intraprendente, ospitale. Verosimilmente, Luca vede impersonata in lei una dimensione della vita della chiesa: la diakonia alle mense (cfr. At 6, 1-6), in feconda tensione con gli altri ministeri ecclesiali e con la dimensione della fede come ascolto, recettività silenziosa della parola della grazia, che viene messa in primo piano dalla sorella Maria. Nella letteratura patristica, soprattutto in ambito monastico, venne interpretata come modello della vita attiva, a fronte della sorella Maria, modello della vita contemplativa.
Le due sorelle vissero l’intervento di Gesù che riportò in vita Lazzaro, sperimentando il suo amore per loro.
Durante l’angelus del 21 luglio 2019 papa Francesco ha affermato che lo stile di Marta e Maria deve essere scelto da ogni cristiano, perché propone due atteggiamenti fondamentali, «da una parte, lo ‘stare ai piedi’ di Gesù, per ascoltarlo mentre ci svela il segreto di ogni cosa; dall’altra, essere premurosi e pronti nell’ospitalità, quando Lui passa e bussa alla nostra porta, con il volto dell’amico che ha bisogno di un momento di ristoro e di fraternità».
Dal XII secolo la memoria di Marta è celebrata nella Chiesa d’occidente il 29 luglio, ottava della festa di Maria di Magdala. Il suo culto si diffuse specialmente in Provenza in forza della leggenda che racconta che i santi fratelli di Betania, partiti dalla Palestina, si sarebbero trasferiti sulle coste provenzali. A partire dall’anno 2021 papa Francesco ha stabilito che la memoria di Marta sia associata a quella dei suoi fratelli Lazzaro e Maria, in quanto quella famiglia, insieme, è testimonianza di ospitalità, ascolto, fede nella resurrezione.