Martedì della settimana della II Domenica dopo Pentecoste
Nato a Lisbona intorno al 1195, entrò dapprima tra i Canonici Regolari di sant’Agostino, dove compì gli studi teologici e nel 1220 fu ordinato sacerdote. Nel desiderio di una vita più vicina al Vangelo entrò poi nel Convento francescano di S. Antonio a Coimbra, da dove si imbarcò missionario per il Marocco. Ma a motivo di una grave malattia dovette ben presto ritornare in patria.
Partecipò al “Capitolo delle stuoie”, dove potè incontrare san Francesco. Inviato nella provincia francescana della Romagna, dopo un primo tempo trascorso nella preghiera e nel nascondimento, iniziò la sua intensa opera di predicazione, cui attese con grande frutto fino alla morte, convertendo molti, pacificando le fazioni avverse e combattendo l’eresia. San Francesco lo chiamò “suo vescovo”, per quell’amore alle Scritture che lo rese così abile nell’annunciare il Vangelo. E del Vangelo visse e predicò le esigenze radicali, impegnandosi a favore dei più poveri, nella predicazione contro l’usura e contro la prigione che allora veniva riservata ai debitori.
Per questo godette di una grande popolarità tra la povera gente. Oggi ancora è un santo molto amato; la sua celebre Basilica di Padova è meta incessante di pellegrini che invocano la sua intercessione. Antonio fu il primo nell’Ordine francescano a esercitare, con il permesso di san Francesco, il magistero teologico presso i suoi confratelli, che lo onorarono con il titolo di dottore, riconosciuto poi ufficialmente da Pio XII nel 1946, con l’appellativo di “doctor evangelicus”.
Morì a soli 36 anni e già l’anno seguente fu canonizzato dal papa Gregorio IX, che lo aveva chiamato “Arca del Testamento” per il suo metodo di esegesi, oltre che per la sua vita, francescanamente fedele al Vangelo sine glossa.