Sabato della settimana della II Domenica dopo l’Epifania

santagnese

La memoria di Agnese (dal greco agné, cioè casta) è attestata dal calendario romano più antico, del 354, e dagli antichi sacramentari romani. Inoltre si hanno su di lei numerose testimonianze di grandi Padri, come Ambrogio (che ne descrisse la passione e compose un inno in suo onore), Prudenzio, Girolamo e Agostino. Secondo la tradizione latina, Agnese sarebbe stata una giovinetta martirizzata sulla via Nomentana per la sua testimonianza eroica, dopo vari tormenti. È stata considerata una delle più illustri martiri della Chiesa, meritando di essere iscritta nel Canone romano, la principale preghiera eucaristica della Chiesa. È anche nota per una tradizione che continua ai nostri giorni, collegata al conferimento del pallio, da parte del Papa, ai metropoliti.
I canonici di S. Giovanni in Laterano, che servono la basilica di S. Agnese, benedicono ogni anno due bianchi agnelli nel giorno natalizio della santa; con la loro lana vengono confezionati i pallii, che il Papa dona agli arcivescovi per indicare che anch’essi, come Agnese, devono essere pronti a dare la vita per la Chiesa, sposa di Cristo.

Inoltre nel 662 moriva esule nel Caucaso, Massimo il Confessore, monaco e Padre della Chiesa.
Nato a Costantinopoli nel 580, lasciò l’incarico di segretario dell’imperatore Eraclio per farsi monaco. È autore di opere monastiche sulla preghiera, la lotta contro le passioni e la carità. Processato dall’imperatore, subì l’amputazione della mano destra e della lingua, perché non potesse più scrivere e parlare in difesa della fede ortodossa.

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