Ascensione del Signore - Solennità del Signore

Posta fra la Pasqua e la Pentecoste, l’Ascensione del Signore è la festa dell’intervallo di tempo in cui Gesù risorto scompare alla vista dei suoi discepoli, dando inizio ad un altro tipo di rapporto con loro, colmo della sua presenza, invisibile, ma profonda.

Avvenimento che forma un tutt’uno con la sua morte e risurrezione, ma che sconcerta le misure umane di valutazione della prossimità di Dio, l’Ascensione conduce all’apertura dell’unica misura vera che coglie la prossimità dell’Altro: l’amore. Dio, in Gesù, ama gli uomini “senza misura” e li introduce nella sua stessa gloria, partecipi della sua pienezza. Egli rimane ormai per sempre vicino: questo annuncio di gioia che già i discepoli portavano in cuore vedendo Gesù sottrarsi ai loro sguardi, questo vangelo è il Dono affidato alle mani della Chiesa che, come corpo di Cristo, è chiamata a manifestare ogni giorno la sua pienezza, che si realizza pienamente in tutte le cose, poiché in tutte le cose l’amore può realizzarsi. Disceso dal cielo prendendo “la forma di servo” (incarnazione), Gesù vi ritorna in dignità regale (“Deus creator omnium, homo in fine temporum”, come canta l’inno della festa).

La festa dell’Ascensione celebra quindi l’umanità di Cristo e, in lui, della nostra natura. In questo cielo ove Gesù dimora, anche noi già abitiamo e continuiamo ad entrare, perché il cielo è Dio, è lui l’infinito spazio d’amore cui tende il desiderio d’ogni creatura. Cantore incomparabile del nostro ingresso nel mondo di Dio è stato san Leone Magno. Nel I Sermone sull’Ascensione scrive: “Poiché l’Ascensione di Cristo è la nostra stessa elevazione e la speranza del corpo è chiamata là dove ci ha preceduti la gloria del capo, esultiamo, carissimi, della più grande gioia, ed allietiamoci con ferventi azioni di grazie. Oggi infatti non solo siamo stati confermati possessori del paradiso, ma abbiamo anche penetrato, in Cristo, le altezze dei cieli: avendo ottenuto per l’ineffabile grazia di Cristo cose più grandi di quelle che avevamo perduto per l’invidia del diavolo. Infatti, quelli che il velenoso nemico scacciò dalla felicità della prima dimora, questi, a sé incorporati, il Figlio di Dio collocò alla destra del Padre”.

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