San Cirillo di Gerusalemme

Nacque intorno al 315 da genitori cristiani. Iniziato alla vita monastica e allo studio delle Scritture, fu ordinato presbitero dal vescovo Massimo, al quale nel 348 succedette nella cattedra di Gerusalemme. Tutta la sua vita fu coinvolta nel travaglio di un periodo tormentato e confuso, quando le controversie teologiche, connesse con le lotte delle fazioni politiche ed episcopali, furono piuttosto esasperate che conchiuse con la condanna di Ario. Tre volte, ingiustamente accusato di errori dottrinali e legami con correnti dell’arianesimo, fu condannato all’esilio, conquistando con la sua predicazione l’ammirazione e la stima del popolo presso il quale scontava la sua pena.

Tornato definitivamente alla sua sede nel 378, vi prestò le sue cure di pastore interamente dedito all’edificazione del suo gregge fino alla morte, avvenuta nel 386. Ne testimonia Basilio, che elogiò più tardi la fiorente vita della comunità cristiana di Geruralemme. Sebbene Rufino denunci l’incostanza di Cirillo nella retta professione di fede, la sua vita si può considerare spesa, non senza personali sofferenze, al servizio dell’ortodossia. Pur non essendo un sottile ingegno speculativo, ma piuttosto un pastore che istruisce il suo gregge, egli dà prova di piena ortodossia nella dottrina sia trinitaria che cristologia.

Partecipò nel 381 al Concilio di Costantinopoli (secondo concilio ecumenico) e a quello successivo del 382 e lasciò nelle sue 24 Catechesi un’opera che gli valse il titolo di Dottore della Chiesa. Vi sono compendiate le sue istruzioni ai candidati al battesimo e ai neobattezzati sul Simbolo, la Penitenza, il Battesimo, la Cresima e l’Eucaristia. Il pensiero cristiano, negli aspetti dogmatici, morali e sacramentali vi è presentato in un’esposizione trasparente, sicura ed efficace per l’adattamento psicologico dell’oratore alla mentalità dell’uditorio. Le fonti di Cirillo sono le Scritture e la tradizione apostolica.

Cirillo fu venerato sia in Oriente che in Occidente fin dall’antichità. Il Martirologio Romano ne celebra la memoria il 18 marzo, data, secondo un calendario siriano, della sua morte. Si ricorda anche Santa Maria di Cleofa. Appare nei Vangeli accanto a Maria di Nazaret, Madre di Gesù e a Maria di Magdala. Moglie di Cleofa, o Alfeo, venne chiamata anche più semplicemente Cleofe. Era la madre di uno dei discepoli di Gesù, Giacomo detto il Minore, ed era la cognata di Giuseppe, sposo della Vergine. Possiamo perciò vederla presente in tutti i principali episodi della vita pubblica del Maestro e in quelli drammatici della sua Passione. Con Maria, con la Maddalena e con Giovanni, è annoverata dal IV Vangelo tra i presenti sul Calvario, ai piedi della Croce. Due giorni dopo è nominata tra le donne che si recano a portare gli unguenti al sepolcro del Crocifisso e incontrano l’Angelo che annunzia loro la Risurrezione.

 

Il 9 aprile 1943 muore nel campo di concentramento di Flossenbürg il pastore evangelico tedesco Dietrich Bonhoeffer. Nato a Breslavia nel 1906, aveva ereditato dalla madre l’inclinazione a venire in aiuto agli altri, assieme a una energica calma; dal padre, invece, aveva appreso la capacità di concentrarsi, e la ferma adesione alla realtà, a tutto ciò che è umano. Esercitò per alcuni anni il ministero di pastore; nel 1935 la Chiesa Confessante, cioè alcuni protestanti tedeschi non disposti a compromettere la loro fede con i dettami del regime nazista, lo invitò a guidare il seminario per i giovani pastori. In questo periodo Bonhoeffer condivise tutto con i suoi allievi e si convinse della profonda necessità che il cristiano ha di rimanere fedele alla realtà in cui è chiamato a investire il dono della fede. Alla chiusura forzata del seminario, Bonhoeffer si trasferì in America dove visse un tempo di inquietudine, al termine del quale ruppe gli indugi e rientrò a Berlino; qui poté unire alla fedeltà alla terra la memoria della croce, senza la quale non vi è vera vita cristiana. Dopo due anni di prigionia, reo di cospirazione contro Hitler, Bonhoeffer veniva condannato a morte per ordine dello stesso Führer. Ha lasciato molti scritti che continuano a sollecitare la riflessione di generazioni di uomini amanti della giustizia e della verità.

 

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