O Emmanuele,
nostro re e legislatore,
speranza delle genti,
e loro Salvatore:
vieni e salvaci,
Signore, nostro Dio.
È l’ultima antifona della novena di Natale. Siamo ormai alla vigilia della festa, e la Chiesa ci fa invocare il Signore come l’Emmanuele, il Dio-con-noi, nome in cui si esprime tutta la storia dell’amore di Dio per l’umanità. L’Eterno, l’Infinito, si è rinchiuso nel nostro tempo, ha cercato la nostra compagnia, tutto ha voluto condividere con l’uomo, fino alla morte, eccetto il peccato.
Il nostro Dio è venuto a noi come un amico, un fratello, in tutto solidale alla nostra condizione umana: una prossimità voluta fin dalla creazione dell’uomo e dall’uomo liberamente interrotta con il peccato, ma ristabilita con il sangue della croce dell’Unigenito, il Figlio amatissimo. Dio-con-noi nella vita, nella preghiera, nella sofferenza, nella morte: veramente “Il Signore è con noi, nostro rifugio è il Dio di Giacobbe” (Sal 46,8). Il nome di “Emmanuele”, che il profeta ci consegna invitandoci a non temere, l’evangelista Matteo lo pone a sigillo del suo vangelo: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (28,20): una prossimità che non verrà mai meno.
È la promessa affidabile dell’Emmanuele, il nostro Legislatore e nostro Re, il Salvatore del mondo. In questa invocazione, l’ultima delle grandi antifone della novena natalizia, è condensata tutta l’attesa del tempo di avvento, tutta la preghiera della Chiesa che invoca il ritorno glorioso del Redentore.