Nella seconda Giornata del Convegno della Consulta Nazionale Antiusura si è parlato di “Chiesa e il denaro: responsabilità per il Bene comune”. L’Arcivescovo, che ha concluso la mattinata, ha chiesto l’impegno di tutti per immaginare percorsi nuovi e di speranza
di Annamaria
Braccini
La sfida, gli auspici, il fondamentale compito educativo e quella che definisce “la bonifica antropologica”. L’Arcivescovo conclude così, con queste parole-chiave, l’intensa Due giorni di Convegno e di assemblea delle 32 Fondazioni associate alla Consulta Nazionale Antiusura “Giovanni Paolo II”.
Nella seconda giornata, che si svolge presso la sede della Confcommercio, con il titolo “La Chiesa e il denaro: responsabilità per il bene comune”, si susseguono molti e qualificati interventi – moderati dal direttore di Caritas ambrosiana e presidente della Fondazione “San Bernardino”, Luciano Gualzetti – che si chiudono, appunto, con la riflessione del Vescovo. Attento, anzitutto, a definire i punti di un cammino virtuoso fatto di consapevolezza dei fenomeni in atto, di speranza e di accompagnamento di coloro – persone, famiglie, imprenditori – vittime della tragedia dell’usura.
«La percezione della sfida che dobbiamo affrontare, ci porta a dire che siamo pochi e inermi e che vogliamo combattere gli usurai e tutto ciò che vi sta dietro: un nemico potente, armato, aggressivo. Siamo determinati a vivere nella legalità e a osservare le regole. Vogliamo contrastare le organizzazioni che fanno della trasgressione un vanto e che deridono la legalità», chiarisce subito.
«Abbiamo mezzi e risorse modeste, ma vogliamo combattere nemici che dispongono di mezzi praticamente illimitati. Noi abbiamo tempi lunghi e vogliamo contrastare persone che agiscono immediatamente, che hanno messaggi aggressivi, persuasivi per l’impatto emotivo che sanno suscitare. Questo senso di angoscia di fronte a un nemico così potente, a un mostro tanto inafferrabile, continua ad accompagnarmi e ad accompagnarci», ammette il Pastore ambrosiano. Che, tuttavia, subito, aggiunge: «Siamo forse ingenui e velleitari? No, siamo seminatori, persone che,l con la parola, la coerenza della loro vita, con ciò che riusciamo far, vogliono seminare futuro, libertà, bene comune». Insomma, gente che vuole raccogliere la sfida del malaffare, dell’usura, della malavita organizzata, facendolo – anche questo è detto con forza – con quel compito educativo che è specifico e peculiare della Chiesa.
«Certo, è possibile creare normative, pretendendo leggi più giuste e un regolamento più incisivo sul gioco di azzardo, sul prestito e sul credito, ma abbiamo capito che l’indebitamento e l’usura non rappresentano solo una questione economica, ma culturale».
Come a dire, non si tratta di demonizzare né assolvere chi è coinvolto in tali fatti, ma di «capire che, alla radice del fenomeno, c’è una ragione culturale».
E, su questo, l’informazione serve, ma fino a un certo punto.
«La forza preventiva dell’informazione è discutibile, perché non persuade, ad esempio, al non chiedere soldi a prestito. La scuola deve fare la sua parte, ma temo che l’informazione non dissuada dal comportamento rischioso. È necessaria una “scuola popolare” che non sia solo una trasmissione di competenze basilari, ma il tramite di una sapienza popolare, perché il buonsenso costituisce ancora il terreno comune in cui la competenza e gli aspetti scientifici possano produrre buoni frutti».
«Occorre impegnarsi per educare, in particolare i giovani, a stili di vita basati sulla sobrietà; per formare una mentalità che promuove “legalità” e l’onestà, indicando nei beni, compreso il denaro, il loro vero fine che è la condivisione e il bene comune».
Da qui la “bonifica antropologica” come scelta di libertà, contro ogni schiavitù «che si chiama anche idolatria: ciò che merita il sacrificio fino a quello umano».
Di fronte a idoli come l’acquisizione esagerata di beni, il divertimento a tutti i costi, «si tratta, invece, di stabilire rapporti personali che diventino aiuto nell’accompagnamento. Che una persona, una famiglia, un imprenditore siano sovra indebitati non è una ragione che perdere la stima e la fiducia nel fatto che si possano affrontare cammini nuovi, con un futuro diverso sempre possibile».
Un compito – questo, avverte l’Arcivescovo – «che non si può svolgere con un proclama, ma con la tessitura di relazioni, con una continuità di assistenza e di accompagnamento».
Infine, l’affondo con la gratitudine per il tanto che già si fa con le Fondazioni della Consulta. «Vi incoraggio a promuovere, nei soggetti economici e finanziari, in particolare le banche, progetti di investimenti e promozione di libere iniziative che assumano la responsabilità di una comunità e di un territorio. Voi conoscete la sapienza che ispira l’uso del denaro: una maggior prudenza nel prestito per il consumo può essere una forma di educazione; una maggiore considerazione dell’importanza della fiducia nelle persone, superando l’approccio troppo burocratico e impersonale; un’attenta valutazione nella cessione dei crediti in sofferenza delle imprese e delle famiglie che non riescono a pagare il mutuo sono importanti. Sono riconoscente per l’azione della Consulta Nazionale “Giovanni Paolo II” che aiuta le persone che, purtroppo, si trovano in questa condizione, perché abbiamo la certezza che non sono condannate definitivamente, perché hanno riserve di energia e intraprendenza, perché le nostre comunità hanno riserve di fantasia e di disponibilità. L’intera società italiana può avere tante risorse costruttive che ci liberano da questo senso di smarrimento e ci rendono capaci di immaginare un percorso che accetta la sfida. C’è un modo di fare finanza che è nato nella piccola Italia, dai nostri Santi, che non è solo una rievocazione poetica del passato, ma che può essere un incoraggiamento».
Il riferimento è a suor Alessandra Smerilli economista, docente e prima donna a ricoprire l’incarico di Consigliere di Sato del Vaticano, che appena prima aveva evocato la scuola economica francescana. «Tutto è connesso, come si evince con chiarezza dall’Enciclica “Laudato si’”. Questo vuol dire che il micro e il macro devono andare insieme. Su questi fenomeni nessuno può ritenersi esente: se, come consumatore, non mi rendo conto di cosa accade nei circuiti finanziari e bancari, divento complice. Quando parliamo di sviluppo umano integrale non possiamo dimenticare che la dimensione economica è fondamentale. Compito delle Fondazioni e delle Consulte, delle banche, deve essere quello di aiutare, non solo fornendo informazioni, ma offrendo vere e proprie scuole popolari di economia. È importante lavorare sui ragazzi fin da piccoli. Cosa è la finanza nell’immaginario collettivo? Qualcosa di negativo, perché abbiamo perso il concetto originario di una finanza che è a servizio dello sviluppo. La scuola francescana di economia va valorizzata».
Conclude suor Smerilli: «Il mercato è una realtà sociale e civile, e, quindi, la sua valutazione compete a tutti coloro che sono nella communitas. Per questo abbiamo proposto il Movimento SlotMov che premia, con eventi di piazza, i bar che non hanno le slot. Le concessioni del gioco di azzardo alle multinazionali – che hanno come unico obiettivo la massimizzazione del profitto -, hanno avuto un inizio e possono avere una fine».
Anche il prefetto di Milano, Renato Saccone, che porta il suo saluto, è chiaro quando cita la Lettera inviata, il 2 gennaio scorso, dall’Arcivescovo ai parroci, proprio sul contrasto ai fenomeni di usura. «La lettera è una semina che coglie un aspetto fondamentale della lotta alla criminalità organizzata. Contrasto che, se è diviso per competenze, è perdente mentre se salda le componenti della società civile, vince. La democrazia ha bisogno di tempi lunghi, ma vince perché rispetta tutte le regole. Il bene comune non è a costo zero e impegna risorse perché sia fruttifero. Quando si parla di lotta alla mafia il primo bene è la solidarietà per aiutare imprenditori e famiglie che si chiudono in se stessi. La dipendenza esclude la libertà. Presentiamo ai giovani la legalità e la sobrietà non come comportamenti tristi, ma virtuosi e belli».
Una speranza, o meglio, un’urgenza se solo si considera che, nel periodo compreso tra il 2007 e 2017, 682.000 famiglie di sono aggiunte al 1.276.000 che già versavano in condizioni di indebitamento grave, per un totale di + 53,5%. Cifre allarmanti. di fronte alle quali si pongono, come un argine seppure parziale ma cruciale, quelle del rendiconto della Consulta Nazionale del 2018. 131.728 tra persone e/o famiglie ascoltate per un totale di erogazioni pari a quasi 435.000 euro. 3.818.000 gli euro concessi, poi, dal Comitato Nazionale Antiracket e Antiusura, relativamente a posizioni di usura e 9.156.000 per estorsione. In Lombardia le famiglie in dissesto finanziario a rischio usura sono passate dal 3,3% al 5,7% (per un totale di 150.000 casi). Dall’indagine emerge che, nella graduatoria di rischio delle famiglie italiane, Milano occupa il penultimo posto tra le provincie italiane, seguita solo da Bolzano, ma Lecco è al 7°, Varese al 12°, Brescia al 14°, Monza al 16°, Bergamo 17°, Lodi al 24°, Pavia al 33°, Como al 36°, Mantova al 40°, Cremona al 43°. Per quanto riguarda le difficoltà di accesso al credito, Milano è la provincia dove imprese e famiglie incontrano meno ostacoli, essendo al primo posto. Tuttavia, in altre province lombarde non è altrettanto facile procurarsi prestiti bancari: Pavia al 58° posto, Varese è al 44°, Como 37°, Monza al 27°, Cremona al 26°, Lecco al 14°, Mantova al 13°, Bergamo al 10°, Brescia al 2°.