Circa 400 mila persone nella regione del Tigray rischiano la fame e la morte e anche nel resto del Paese la popolazione inizia a fare scorte, a causa della siccità, della carestia e della crisi ucraina

di Patrizia Caiffa
Agensir

Foto Gma
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In Etiopia la gente dei villaggi sta mettendo da parte scorte di grano nei magazzini per affrontare le prossime settimane. Oltre all’inflazione altissima che ha toccato il picco del 35%, il prezzo del pane è aumentato e sono iniziate le distribuzioni di cibo anche nelle strutture cattoliche, per supportare la popolazione in grave difficoltà a causa di siccità e carestia e per gli effetti del conflitto tra Ucraina e Russia, con il grano bloccato nei porti ucraini. Il Paese africano produce solo una minima parte di grano per i livelli di sussistenza ma per le distribuzioni umanitarie del World food programme (Wfp), come per altri Paesi, ci si avvale del grano ucraino.

L’Etiopia, insieme alla Nigeria, al Sud Sudan e allo Yemen, ad Afghanistan e Somalia, è infatti tra i Paesi in condizioni di “massima allerta” per le penuria di cibo causata da choc climatici e conflitti, come rilevato ieri nel rapporto della Fao e del World food programme. L’Etiopia ha il record non invidiabile di circa 400 mila persone – su 750 mila – che nella regione del Tigray «rischiano la fame e la morte».  In Etiopia, Kenya e Somalia, secondo l’Unicef, oltre 1,7 milioni di bambini adesso hanno urgente bisogno di cure per la malnutrizione acuta grave. In Etiopia il tasso è stato più alto del 27%. Secondo Oxfam in questi Paesi la siccità potrebbe causare la morte per fame di una persona ogni 48 secondi.

Il prezzo della guerra

«In Etiopia ho riscontrato un livello di preoccupazione elevatissimo. La popolazione è in balia di tutte queste situazioni. La sensazione è che gli etiopi stiano già pagando il prezzo della guerra in Ucraina, mentre noi per ora abbiamo solo paura». A parlare è Laura Arici, coordinatrice del Gruppo missioni Africa (Gma), con sede a Montagnano (Padova), che da 50 anni opera nel sud dell’Etiopia con progetti di promozione della donna e microfinanza. L’associazione è presente anche in Eritrea, nonostante le crescenti difficoltà incontrate dalle realtà cattoliche negli ultimi anni, come la chiusura delle scuole.

Stock di grano nei magazzini

«Nel sud dell’Etiopia a causa della siccità sono già saltati due raccolti – racconta -. Ora stanno stoccando il grano nei magazzini. Parlando con i capi villaggio usciva sempre la parola “carestia” anche se apparentemente non si vede la siccità. Il fatto che siano iniziate distribuzioni di cibo da parte di Ong, anche nelle strutture cattoliche, è indicativo». Tra gli etiopi che vivono nella zona rurale del Wolaita, a Soddo, è diffuso soprattutto «un grande senso di precarietà. Non si riesce a capire la direzione di ciò che sta avvenendo dal punto di vista sociale ed economico».

Sono tante le ragioni che si intrecciano e causano la penuria di grano e cibo, «anche se la gente comune pensa che l’aumento dei prezzi sia solo colpa del governo». Oltre alle crisi climatiche e al conflitto in Ucraina ci sono anche dinamiche regionali e interne. L’Eritrea per esempio invia truppe contro i ribelli tigrini sostenendo i governativi, mentre nel Tigray le condizioni della popolazione e degli sfollati nei campi diventano sempre più critiche, tra violazioni dei diritti umani,  fame e povertà estrema. Negli ultimi mesi «c’è stato un abbassamento dei toni – spiega Arici – ma si prevede un nuovo inasprimento del conflitto con l’inizio della stagione delle piogge a giugno».

Intanto in Eritrea…

Molti giovani di Soddo vengono reclutati tra le file dell’esercito governativo per andare a combattere contro i tigrini: «Pochissimi tornano indietro, ma è un tema tabù e non se ne parla», dice Arici. Di una possibile crisi alimentare anche nella vicina Eritrea non si riesce a sapere molto, se non che sta puntando sulla produzione interna. È inoltre probabile che, essendo il governo eritreo alleato della Russia, le forniture di grano non siano venute a mancare.

 

 

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