Nelle comunicazioni alle Camere in vista del Consiglio europeo, il premier ha ribadito una strategia su due fronti: sanzioni a Mosca perché accetti i negoziati, canali di dialogo sempre aperti

di Stefano De Martis
Agensir

Foto Ansa / Sir
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Nelle comunicazioni alle Camere in vista del Consiglio europeo, Mario Draghi ha ribadito che «la strategia dell’Italia in accordo con l’Ue e con gli Alleati del G7 si muove su due fronti: imponiamo sanzioni alla Russia perché Mosca cessi le ostilità e accetti di sedersi al tavolo dei negoziati». Rivolgendosi prima ai senatori e poi ai deputati, il Presidente del Consiglio ha sostenuto ancora una volta che «la sottomissione violenta e la repressione di un popolo per mano di un esercito non portano alla pace, ma al prolungamento del conflitto» e il governo italiano insieme ai suoi partner «intende continuare a sostenere l’Ucraina così come questo Parlamento ci ha dato mandato di fare».

Il decreto di febbraio

Il riferimento è in particolare al decreto legge del 25 febbraio (Disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina) esplicitamente richiamato alla risoluzione dei partiti di maggioranza, il cui testo – peraltro – è stato il frutto di una faticosa mediazione. In esso si impegna il Governo a «esigere, insieme ai partner europei, dalle autorità russe l’immediata cessazione delle operazioni belliche e il ritiro di tutte le forze militari che illegittimamente occupano il suolo ucraino, con iniziative multilaterali o bilaterali utili a una de-escalation militare che realizzi un cambio di fase nel conflitto, aumentando in parallelo gli sforzi diplomatici intesi a trovare una soluzione pacifica basata sul rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina e dei principi del diritto internazionale». Allo stesso tempo l’esecutivo dovrà «continuare a garantire secondo quanto previsto dal decreto legge 14/2022 il necessario e ampio coinvolgimento delle Camere, con le modalità ivi previste, in occasione dei più rilevanti summit internazionali riguardanti la guerra in Ucraina e le misure di sostegno alle istituzioni ucraine, ivi comprese le cessioni di forniture militari».

La crisi umanitaria

Nei suoi interventi Draghi ha ringraziato tutti coloro che si sono adoperati per l’accoglienza dei profughi e ha messo in evidenza come tra le conseguenze più gravi della guerra ci sia anche quella di «una crisi umanitaria di dimensioni straordinarie» perché «le forniture di grano sono a rischio nei Paesi più poveri del mondo».

«Dobbiamo liberare le scorte che sono in magazzino in modo da sbloccare le forniture per i Paesi destinatari e fare spazio al nuovo raccolto che arriverà a settembre – ha sottolineato il premier – e nell’immediato è necessario realizzare lo sminamento dei porti e garantire l’uscita delle navi in sicurezza», puntando su una risoluzione dell’Onu che definisca i tempi di questa operazione da realizzare sotto l’egida delle stesse Nazioni Unite.

Un tetto alle forniture da Mosca

Per quanto riguarda la questione energetica, Draghi ha affermato che in virtù delle iniziative assunte dal nostro Paese «potremmo ridurre la nostra dipendenza dal gas russo già dall’anno prossimo», ma nel frattempo è indispensabile e urgente che a livello europeo sia introdotto un tetto al prezzo delle forniture da Mosca, anche per limitare i flussi finanziari che di fatto vengono utilizzati per sostenere l’invasione dell’Ucraina. Così pure «l’Europa deve muoversi con rapidità e decisione per tutelare i propri cittadini dalle ricadute della crisi innescata dalla guerra».

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