Già individuate altre 5 strutture. Gualzetti: «Collaboriamo per l’accoglienza. Una soluzione anche per chi non è riuscito a scappare»
Quattordici profughi afghani sono arrivati venerdì notte nei due appartamenti allestiti nei giorni precedenti nei pressi di Casa Suraya, il centro di via Padre Salerio a Milano, aperto nel 2013 dalla Caritas Ambrosiana e gestito dalla cooperativa Farsi Prossimo per accogliere i siriani che allora erano giunti nel capoluogo lombardo fuggendo dal regime di Bashar al-Assad. Arrivati grazie a uno dei ponti aerei organizzati nei giorni scorsi dal Governo italiano, sono stati assegnati dalla Prefettura alla cooperativa Farsi Prossimo promossa dalla Caritas Ambrosiana dopo aver trascorso la quarantena nell’hub di prima accoglienza gestito dalla Croce Rossa e dalla Protezione civile ad Avezzano.
Gli ospiti sono stati suddivisi negli alloggi: la famiglia più numerosa composta da 8 persone di cui 5 bambini in quello al piano terreno, gli altri (3 coppie, di cui una composta da un fratello e una sorella) in quello al piano superiore. Gli operatori riferiscono che sono ancora provati dal viaggio e dai giorni difficili che hanno dovuto affrontare, ma che sono anche sollevati per essere riusciti a mettersi in salvo scappando dal regime dei talebani. Per loro comincerà una nuova vita che partirà dalla domanda di asilo per accedere al programma di protezione previsto per i rifugiati politici.
Nel frattempo, in attesa di conoscere il numero di profughi afghani che sarà necessario ricollocare nel territorio della Diocesi, su richiesta delle Prefetture di Milano, Monza-Brianza, Varese e Lecco gli operatori della Caritas Ambrosiana hanno avviato una ricerca di posti tra le strutture ecclesiali. A oggi ne sono già state individuate 5, di cui 3 appartamenti parrocchiali, che saranno messi a disposizione delle Prefetture e che, a seconda delle necessità, potranno essere accreditate per entrare a far parte del sistema di accoglienza statale.
Inoltre i volontari delle Caritas parrocchiali coordinati da Caritas Ambrosiana sono pronti a offrire sostegno ai profughi ospitati nei vari territori, in base alle necessità che potranno emergere. Per questa ragione resta aperta la raccolta fondi lanciata nei primi giorni dell’emergenza e rimane operativo il centro logistico di Burago per smistare su tutto il territorio in maniera ordinata gli aiuti.
«Abbiamo assistito i primi 34 profughi arrivati a Milano subito dopo Ferragosto durante i dieci giorni di quarantena che hanno trascorso in albergo, procurando vestiti e cibo – dichiara Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana -. E da subito ci siamo messi a disposizione delle Prefetture anche per l’accoglienza. Le strutture che abbiamo individuato sono quelle che ci sono state spontaneamente segnalate dalle parrocchie in questi giorni. Ma ovviamente si potranno trovare anche altre possibili sistemazioni se sarà necessario. Tutto dipenderà dal numero effettivo delle persone che dovranno essere ospitate e che ci saranno segnalate dalle istituzioni e, ovviamente, anche dall’evoluzione della situazione nel paese orientale e dalle politiche di accoglienza che il nostro governo vorrà attuare. Il cuore dei cittadini della Diocesi di Milano è grande come ci attestano le tante offerte di aiuto che abbiamo ricevuto in questi giorni. Proprio quelle manifestazioni di generosità mi fanno ritenere che saremo all’altezza della sfida».
Il piano di evacuazione realizzato dal Governo italiano ha permesso di portare in salvo circa 5 mila persone da Kabul. Si stima che siano 700 quelli destinati alla Lombardia, al termine del programma di smistamento sul territorio nazionale. Finita la quarantena nei Covid Hotel i profughi vengono inseriti nei centri di accoglienza CAS, che afferiscono alle Prefetture, e SAI (ex Sprar), di competenza dei Comuni. Le strutture ecclesiali, individuate da Caritas Ambrosiana, potranno entrare a far parte di questo sistema di accoglienza statale, tramite delle convenzioni. La gestione delle accoglienze sarà poi affidata alle cooperative.
Ma oltre alla gestione di questi primi arrivi a preoccupare la Caritas sono anche tutti gli afghani che non hanno potuto approfittare dei ponti aerei e di coloro che nei prossimi mesi andranno ad ingrossare le fila dei loro connazionali fuggiti prima di loro lungo la rotta balcanica seguita in questi anni dai migranti che dall’estremo oriente cercano di raggiungere l’Europa. «Per questa ragione, oltre a collaborare per offrire accoglienza e integrazione ai profughi che sono arrivati attraverso le vie istituzionali, continueremo a chiedere l’attivazione di forme temporanee di protezione per gli afghani già presenti in Italia e in Europa che, altrimenti, potrebbero paradossalmente essere rimpatriati in un paese a loro ostile – continua Gualzetti -. Ma come hanno sollecitato a fare i Vescovi auspichiamo anche che si moltiplichino gli sforzi diplomatici con i governi di quegli stati in cui molti di loro sono già scappati affinché possano essere aperti dei corridoi umanitari, attraverso i quali fare giungere queste persone in Europa nel rispetto dei loro diritti».