Terzo e ultimo intervento della triade dedicata ai «Tre gesti dell'annuncio». Pubblichiamo la presentazione a cura della Pastorale liturgica e la monizione che sarà letta nelle chiese
a cura del SERVIZIO PER LA PASTORALE LITURGICA
I gesti di venerazione del Libro e la proclamazione del testo sacro, se da un lato hanno il compito di attivare nell’assemblea dei fedeli la consapevolezza di essere alla presenza di Dio che parla, dall’altro intendono promuovere l’ascolto della Parola, senza del quale la prima parte della celebrazione eucaristica, la liturgia della parola, perderebbe il suo scopo.
Nell’ascolto, che è tema centrale della tradizione religiosa ebraico-cristiana (cfr. Dt 6, 4; Lc 11, 28 e l’inizio della Regola di san Benedetto), si compongono insieme l’atto fisico dell’udire, l’atto intellettuale del comprendere, l’atto spirituale dell’aderire con il cuore e la decisione di operare nella vita. Così, in un processo che mette in campo tutte le facoltà umane (il corpo, la mente e lo spirito; la percezione sensibile, l’intelletto, il sentimento e la volontà), la comunità dei credenti (e ogni singolo battezzato) arriva ad assimilare vitalmente le divine Scritture ed entra realmente in comunione di fede e di amore con Gesù Cristo, la Parola di Dio fatta carne.
In primo luogo, nel contesto di una celebrazione liturgica va curata la buona udibilità della parola proclamata. Chi legge, oltre a possedere una buona tecnica vocale, deve saper usare al meglio il microfono, lo strumento tecnico che amplifica la voce perché arrivi a tutti con chiarezza. E, poiché nelle nostre assemblee ci sono anche persone con gravi problemi di udito (sordità dalla nascita o subentrata nel corso degli anni), dove è possibile sarà bene attivare anche altre forme di comunicazione della parola, come il linguaggio dei segni o la videoscrittura.
Sempre nel contesto di una celebrazione liturgica, all’ascolto della Parola concorrono le diverse posture del corpo: lo stare seduti durante la (prima) Lettura, il Salmo, l’Epistola e l’omelia; lo stare in piedi, all’acclamazione al Vangelo, durante la proclamazione del Vangelo e alla preghiera dei fedeli; lo stare in ginocchio, quando lo si ritenga opportuno, per tutta la preghiera dei fedeli. Lo stare seduti mette il corpo in una posizione comoda e rilassata, adatta a favorire l’audizione dell’orecchio e la concentrazione della mente e del cuore. Ma, in questa postura, si evidenzia anche la figura del discepolo che si apre con fiducia alla parola di di Dio (Lettura, Epistola e omelia) e gli risponde con la lode e la supplica in canto o in recitativo (salmo responsoriale). Lo stare in piedi rende onore alla Parola proclamata e a Colui che in essa si comunica, disponendo in tal modo il corpo all’azione affinché i comandi del Signore siano prontamente eseguiti. Chi sta in piedi manifesta inoltre la propria dignità di battezzato, cioè di uomo risorto con Cristo dalla morte del peccato per dare gloria a Dio con la propria vita e rendere a lui testimonianza fino agli estremi confini della terra, fino al dono totale di sé. Infine, lo stare in ginocchio durante la preghiera di intercessione è la postura di chi si umilia davanti al Signore e, mentre confessa la miseria del proprio peccato, osa chiedere per gli altri e per se stesso, confidando pienamente nel suo amore misericordioso. Ecco perché nel rito ambrosiano, come del resto nei diversi riti orientali, risposta appropriata alle intenzioni della preghiera dei fedeli può essere anche la supplica, pasquale e penitenziale, insieme Kyrie eleison (Signore, abbi pietà).
Però, tutte queste posture favoriranno davvero l’ascolto della Parola solo se accompagnate e fecondate dal silenzio, necessario già durante la proclamazione dei testi per la stessa intellegibilità delle parole, ma ancora più necessario dopo ogni lettura e, soprattutto, al termine dell’omelia. Il silenzio è infatti il grembo che genera l’ascolto, perché crea le condizioni indispensabili affinché si possa passare dall’udito esteriore all’adesione interiore, dal suono delle parole, che si imprime nell’orecchio e nella mente, al canto della vita, che manifesta l’avvenuto ascolto della Parola. Il silenzio, come acutamente hanno intuito i grandi autori spirituali, è così importante per l’ascolto della Parola anche perché evoca la presenza nascostamente efficace dello Spirito Santo, il vero maestro interiore, senza il quale sarebbe impossibile riconoscere la parola della Scrittura come Parola di Dio e decidere che sia lei a guidare i nostri passi. Nei brevi silenzi liturgici previsti, che non possono che essere un anticipo di tempi di silenzio più prolungati al di fuori dell’azione liturgica per la preghiera e la meditazione, ci è dato di sperimentare l’azione vigorosa e suadente dello Spirito, che apre la mente alla comprensione, invita all’assenso del cuore e suggerisce le parole dell’adorazione, della lode e della supplica.