In Duomo, l’Arcivescovo ha presieduto la Celebrazione nella domenica della Divina Maternità di Maria. «Dio vuole salvare tutti, anche coloro che sono indispettiti dall’insistenza con cui chiama alla speranza»

di Annamaria Braccini

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Dio che ama tutti e che, anche se è «rifiutato, contestato, frainteso, bestemmiato», continua a salvare e «chiede a Maria di dare alla luce un figlio e di chiamarlo Gesù, cioè salvatore».

Dio che salva, anche se alcuni non vogliono essere salvati, essendo «indispettiti dall’insistenza con cui Dio li chiama alla speranza»; e altri «che si immaginano che la salvezza di Dio sia un colpo di bacchetta magica che risolve tutti i problemi, caccia via il virus e tutte le malattie, e perciò sono arrabbiati con Dio perché non fa quello che loro si immaginano».

Nella VI Domenica dell’Avvento ambrosiano, domenica della Divina Maternità di Maria, «in questa Celebrazione così prossima al Natale, da vivere nel desiderio di accogliere il Signore con la disponibilità di Maria», la riflessione dell’Arcivescovo si fa monito e indicazione per i fedeli riuniti in Duomo e per tutti coloro che si preparano ad accogliere il Signore che si fa bambino.

Le Letture parlano del Salvatore che viene – nel Libro del profeta Isaia, annunciato alla Figlia di Sion e, nel brano del Vangelo di Luca, dall’arcangelo Gabriele a Maria – di Colui che tutti vuole salvare e che ha inviato, nei tempi, alcuni suoi messaggeri come le tre sorelle che si chiamano Minaccia, Promessa e Amabilità.

«Ha inviato profeti, sapienti, poeti, sacerdoti, genitori e nonni, persone di buon senso, poveri diavoli e condottieri eroici che usavano il linguaggio di Minaccia, mettendo in guardia: “se vi comportate male, finirete male; se adorate gli idoli diventerete schiavi degli idoli. Se adorate il denaro, se lo farete il desiderio dominante della vostra vita, sarete schiavi e sarete perduti; se adorate il piacere, sarete schiavi del piacere», dice, infatti, il vescovo Mario. «La storia ha dato ragione alla minaccia: in effetti, il male ha condotto al male. Forse per un poco, la minaccia ha avuto un certo successo, ma oggi succede che molti si ritengano più sapienti dei sapienti» e credano di cavarsela, essendo più furbi. «Così il linguaggio di Minaccia non convince e lei se ne è tornata presso colui che l’ha inviata, mortificata per l’insuccesso della sua missione».

Poi, la Promessa. «Promessa era certa di essere convincente quando diceva: “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi; se credete in Gesù avrete la vita eterna; le parole di Gesù danno la sua gioia e la vostra gioia sarà piena». E, seppure anche questa seconda sorella ha avuto «un certo successo, oggi non è più così. «Mi sembra – scandisce l’Arcivescovo – che la gente ora sia indifferente e scettica. Sembra che non importi molto della libertà, della vita eterna e della gioia di Gesù. Sembra che le persone vogliano qualcosa di più immediato».

Infine, ​Dio manda l’Amabilità. Quella sorella che «è facile all’amicizia, è di compagnia e, perciò, si accompagna a molte altre presenze amiche – il richiamo è alla Lettera di Paolo ai Filippesi – come tutto ciò che è vero, che è nobile, giusto, puro quello che è onorato, ciò che è virtù e merita lode».. «L’Amabilità si rende attraente, ma senza sedurre, si fa ascoltare senza gridare perché incoraggia a fare il bene, non con la minaccia del castigo, non con la promessa del premio, ma con l’attrattiva del bene stesso, del bene fatto insieme».

Proprio perché «quando l’Amabilità entra in casa, in una riunione, in una parrocchia, in una comunità, è capace di spegnere molte tensioni, di diffondere serenità, di favorire la gioia di incontrarsi. Capita a tutti di costatare quanto sia persuasiva». Un’amabilità che fa ricordare, ad esempio, un sacerdote nella comunità che ne piange la morte facendo rimanere indelebile il suo ricordo.

Ma non è solo questione di buon carattere, di una dote naturale, di essere benevoli e pazienti, l’amabilità è qualcosa che si impara con esercizio e «perseverante attenzione», anche se si ha qualche spigolosità e tratto complicato.

«L’Amabilità è un messaggero tutto speciale dell’intenzione di Dio di salvare. Porta, infatti, in se stessa quel tratto misterioso di Dio che fa nascere il desiderio di vederlo, di incontrarlo, di confidarsi con Lui, di trovare riposo. L’amabilità attira a Dio. Per andare verso Natale vorrei suggerirvi di farvi accompagnare da Amabilità». E, anche, come aggiunge al termine della Messa, il vescovo Mario, «da una preghiera a Maria, con il desiderio di conversione, di renderci più conformi all’immagine dell’uomo nuovo che è Gesù. Gli atteggiamenti virtuosi elencati da San Paolo, ci ispirino a essere disponibili e docili alla grazia del Signore, chiedendo il perdono dei nostri peccati se abbiamo il desiderio di una riconciliazione sacramentale».

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