«Una profonda tristezza e un acuto dolore attraversano il Paese. Le vittime sono di tutti e le sentiamo nostre»: così il presidente della Cei sulla sciagura davanti alle coste di Cutro

I corpi delle vittime raccolti sulla costa (foto Ansa / Sir)
I corpi delle vittime raccolti sulla costa (foto Ansa / Sir)

di Agensir

«Una profonda tristezza e un acuto dolore attraversano il Paese per l’ennesimo naufragio avvenuto sulle nostre coste. Le vittime sono di tutti e le sentiamo nostre». Lo dichiara il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, in merito al naufragio avvenuto ieri davanti alle coste di Cutro (Crotone). Finora sono 59 i cadaveri recuperati, tra cui quelli di numerosi bambini e un neonato: «Li affidiamo a Dio con un pensiero per le loro famiglie».

Per il Cardinale, «questa ennesima tragedia, nella sua drammaticità, ricorda che la questione dei migranti e dei rifugiati va affrontata con responsabilità e umanità. Non possiamo ripetere parole che abbiamo sprecato in eventi tragici simili a questo, che hanno reso il Mediterraneo in venti anni un grande cimitero. Occorrono scelte e politiche, nazionali ed europee, con una determinazione nuova e con la consapevolezza che non farle permette il ripetersi di situazioni analoghe».

Precisa il Presidente della Cei: «L’orologio della storia non può essere portato indietro e segna l’ora di una presa di coscienza europea e internazionale. Che sia una nuova operazione Mare Nostrum o Sophia o Irini, ciò che conta è che sia una risposta strutturale, condivisa e solidale tra le Istituzioni e i Paesi. Perché nessuno sia lasciato solo e l’Europa sia all’altezza delle tradizioni di difesa della persona e di accoglienza».

Migrantes: «Necessario un impegno europeo»

«Mentre i rami del Parlamento approvano un urgente e straordinario decreto per regolare i flussi migratori, che di urgente e straordinario ha solo l’ennesima operazione ideologica, indebolendo in realtà le azioni di salvataggio in mare delle navi Ong, un barcone spezzato dalla burrasca della notte, che portava almeno 150 migranti, si è inabissato nel Mediterraneo, al largo delle coste calabre crotonesi». Così monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della Commissione episcopale per le migrazioni della Cei (Cemi) e di Fondazione Migrantes, commenta il naufragio. Le vittime «vanno ad aumentare le migliaia di morti e di tombe anonime nel cimitero del Mediterraneo», prosegue l’arcivescovo, parlando di «un nuovo drammatico segnale sulla disperazione di chi si mette in fuga da situazioni disumane di sfruttamento, violenza, miseria e di chi è indifferente politicamente a questo dramma. Un nuovo drammatico segnale che indebolisce la democrazia, perché indebolisce la tutela dei diritti umani: dal diritto alla vita al diritto di migrare, al diritto di protezione internazionale. Mentre queste morti non possono che generare vergogna, chiedono un impegno europeo per un’operazione Mare nostrum, che metta strettamente in collaborazione le istituzioni europee, i Paesi europei, la società civile europea rappresentata dalle Ong».

Per Perego «la collaborazione con i Paesi del Nord Africa non può limitarsi a interessi energetici o a sostegni per impedire i viaggi della speranza, ma deve portare a un canale umanitario permanente e controllato nel Mediterraneo verso l’Europa. Chi arrivando in Europa avrà diritto a una protezione vedrà salvaguardato tale diritto; chi non ne avrà diritto sarà rimpatriato. È chiaro che questo esame, solo nella terra europea, dovrà essere agile, organizzato, alla presenza di diverse figure – dai mediatori, dalle forze di polizia forze internazionali, da osservatori dell’Unhcr, da operatori sociali … – perché il minore non accompagnato sia tutelato come la vittima di tratta, o chi viene da una drammatica situazione sanitaria o da una guerra o disastro ambientale».

«Le risorse – ammonisce – vanno investite nella tutela della vita, nell’accompagnamento delle persone non in muri o campi disumani. La vita e il futuro dell’Europa dipendono da come si accoglie, tutela, promuove e integra le persone in cammino».

Caritas: «Uno squilibrio di umanità»

«Di fronte a simili tragedie, la Caritas Italiana richiama tutti alla propria responsabilità per trovare soluzioni adeguate di fronte al fenomeno globale delle migrazioni, che guardino al bene comune e non a interessi di parte», dice il direttore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello. «È purtroppo solo l’ultimo di tanti episodi che ci devono interrogare. Questo naufragio avviene all’indomani della conversione in legge del decreto che limita gli interventi di salvataggio in mare. Caritas Italiana ribadisce l’urgenza di una risposta strutturale e condivisa con le Istituzioni e i diversi Paesi, affinché l’Italia e l’Europa siano all’altezza delle loro tradizioni, delle loro radici e del loro umanesimo».

La questione delle migrazioni, della fuga dalla miseria e delle guerre, sottolinea il direttore di Caritas italiana, «non può essere gestita come fosse ancora un’emergenza. Penalizzare, anziché incoraggiare, quanti operano sul campo non fa che aumentare uno squilibrio di umanità. La vita è sacra e va salvaguardata, sempre: salvare le vite resta un principio inviolabile».

Ricordando come già il Consiglio permanente della Cei, alla vigilia delle elezioni, ribadì che «è tempo di scelte coraggiose e organiche, non di opportunismi, ma di visioni», don Pagniello evidenzia che «è tempo che i diversi attori si confrontino per trovare una soluzione corale e costruttiva, per il bene di tutti. L’accoglienza delle persone che arrivano e arriveranno sul nostro territorio è per noi un fatto importante, che ci impegna, al di là della discussione sull’opera delle Ong e del loro ruolo nel mare Mediterraneo. Caritas Italiana, per conto della Chiesa che è in Italia e in collaborazione con altre organizzazioni e il Governo, col progetto dei corridoi umanitari pone un “segno”: si possono, dunque si devono, organizzare vie sicure che evitino i pericoli dei viaggi per mare e che diano prospettive reali alle persone migranti».

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