Il presidente ucraino insiste per l'adesione all'Unione e l'invio di jet da combattimento: «Non ho il diritto di tornare in patria senza risultati». Si allontanano le ipotesi di pace
di Lorenzo
Garbarino
Che la fine della guerra sia ancora lontana lo palesa il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in conferenza stampa a Bruxelles, prima di incontrare i leader europei: «Non ho il diritto di tornare in patria senza risultati».
Istanza che si esplicita nella domanda, già posta a Londra e Parigi, di nuove armi e aiuti finanziari. Un sostegno che dall’Unione europea si è tradotto in più di 67 miliardi già investiti nel supporto ucraino dal 24 febbraio, quando la Russia ha dato il via alla guerra.
Zelensky ha insistito al Consiglio europeo per l’adesione all’Unione europea. Per dare, come dice il presidente ucraino, «un segnale forte di speranza, per motivare il nostro esercito».
Ma Bruxelles è la terza tappa del suo tour europeo: il primo volo a Londra mostra come Zelensky cerchi un confronto preferenziale con i singoli Paesi, come accaduto successivamente a Parigi con il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz.
Incontro che ha suscitato malumori in Italia: l’esclusione dal trilaterale della presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata vista come un’offesa per Roma, che si è dovuta accontentare di un colloquio successivo con l’omologo ucraino. «Così si mina l’unità europea» ha commentato la premier, confermando l’immagine dell’Unione europea che corre a più velocità e voci, con la parola della pace che resta all’angolo.
Agenda Ue: Turchia e migranti
Il Consiglio europeo ha proseguito i lavori nella notte, con un documento di 15 pagine. Solidarietà alle popolazioni di Turchia e Siria per il sisma del 6 febbraio, che ha provocato già più di 21mila vittime. Oltre all’auspicato accordo alla questione tra Serbia e Kosovo, si valuteranno nuove proposte economiche contro l’inflazione.
Sull’immigrazione continua il pressing dei Paesi dell’Europa centro-orientale per ridurre i flussi degli ingressi irregolari e finanziare «misure degli Stati membri che contribuiscono direttamente al controllo delle frontiere esterne dell’Unione», ovvero pagare con i soldi dei cittadini europei nuovi muri e filo spinato per fermare chi scappa da fame, guerre e catastrofi.