La sociologa illustra il tema al centro del convegno internazionale in programma martedì 29 maggio in Cattolica: «Oggi non esistono accordi internazionali sui flussi di persone. E gli interessi dei Paesi ricchi prevalgono su quelli dei Paesi poveri»

di Annamaria Braccini

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Laura Zanfrini

Sarà un’occasione importante per approfondire un tema sempre più dibattuto. “Verso i Global Compacts su migranti e rifugiati. L’impegno della Chiesa, le risposte delle Istituzioni” è il titolo del convegno internazionale che vedrà riuniti esperti, rappresentanti delle istituzioni e l’Arcivescovo nell’Aula Magna dell’Università Cattolica martedì 29 maggio (dalle 9.30).

Di cosa si tratti lo chiediamo a Laura Zanfrini, docente di Sociologia delle Migrazioni e della Convivenza Interetnica e direttore scientifico della Summer School “Mobilità umana e giustizia globale”: «I Global Compacts sono una scelta delle Nazioni Unite che, per la prima volta, assumono un’iniziativa strategica per addivenire a un sistema di governance globale sui migranti e sui rifugiati che realizzi una migrazione ordinata, sicura e legale. Global Compacts nasce dalla Dichiarazione di New York del 2016, quando i Capi di Stato dei 193 Stati membri dell’Onu hanno affrontato le questioni relative alla migrazione e ai rifugiati.

Perché interrogarsi su questo?
Oggi constatiamo che, a livello mondiale, paradossalmente esistono accordi internazionali sullo scambio di merci e di capitali. L’unica “merce” che non è soggetta a un sistema di regolazione a livello mondiale sono proprio i flussi di persone i quali, tuttavia, costituiscono anche la componente più vulnerabile della globalizzazione. Sappiamo quanto la materia sia delicata e strategica per la sovranità nazionale. È uno dei temi in assoluto più dibattuti e politicizzati a livello internazionale, come pure una delle questioni soggette alle più gravi disuguaglianze su scala internazionale.

Perché?
Appunto in quanto gli interessi dei Paesi ricchi del Nord del mondo, molto spesso, sono in contrasto con quelli dei Paesi poveri che, di fatto, si addossano la maggior parte dei costi di questa mancanza di governance totale. Lo abbiamo visto, in maniera emblematica, con la recente crisi dei rifugiati. Stupisce la scarsa attenzione che il mondo politico e gli organi di stampa offrono a questa iniziativa che è un’occasione per molti versi irripetibile.

Chi interverrà al convegno?
Abbiamo voluto mettere attorno a un tavolo le due Agenzie che sono le prime chiamate in causa, ossia l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni – per quanto riguarda il flusso dei migranti – e un’organizzazione che, agendo a livello internazionale come Unhcr, si occupa di rifugiati. Entrambe saranno in dialogo con istituzioni politiche di diverso livello e con la Chiesa. L’iniziativa è co-promossa con la Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, sezione che papa Francesco ha voluto sotto la sua diretta direzione, riconoscendo in questo uno dei temi centrali dello scenario contemporaneo, nella convinzione che ciò che è mancato, riguardo alla governance del fenomeno, sia l’attenzione alla dimensione etica.

Parlando di rifugiati, quale è la situazione attuale?
L’unica materia che oggi è oggetto di un tentativo di governo a livello internazionale è proprio quella dei rifugiati, perché all’indomani della seconda guerra mondiale – con masse di persone sfollate e con l’incipiente guerra fredda – si sono create le condizioni per la Convenzione di Ginevra, che è e resta ancora il testo fondamentale. Tuttavia – e questi anni lo dimostrano in maniera eclatante – questo è un quadro normativo assolutamente inadeguato a gestire l’attuale mobilità forzata dei rifugiati. Siamo nell’emergenza più grave dal dopoguerra: basta considerare che solo il 20% di loro sono accolti nei Paesi cosiddetti ricchi, laddove l’80% grava sui Paesi poveri, che sono anche i più in difficoltà a gestire un’accoglienza dignitosa. Su questo abbiamo visto il rimpallo di disponibilità tra le Nazioni e non vi è stata un’assunzione collettiva di responsabilità. Se non cogliamo questo momento per rafforzare la governance globale, continueremo a raccontare di costi che sono, certo, economici e politici, ma soprattutto umani.

Quanti sono i rifugiati oggi in Italia?
Dire quanti siano è pressoché impossibile. Sappiamo che una quota minoritaria dei richiedenti asilo ottiene lo status di rifugiati, tuttavia, il nostro non è mai stato un Paese di accoglienza dei rifugiati. Anche questo di fatto è uno dei problemi gravi.

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