Il testo approvato dal Consiglio dei ministri si occupa prevalentemente del fenomeno migratorio, ma contiene anche altre norme in tema di prevenzione
di Stefano
DE MARTIS
Lo si potrebbe chiamare “decreto Lamorgese”, visto che è soprattutto grazie al lavoro della titolare del Viminale che ha visto la luce l’atteso superamento dei “decreti Salvini”, autentica bandiera ideologica del governo giallo-verde. Il nuovo provvedimento varato dal Consiglio dei ministri si occupa prevalentemente del fenomeno migratorio, ma contiene anche altre norme in tema di prevenzione e di sicurezza, come si evince dal lungo titolo: “Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifica agli articoli 131-bis e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici e ai locali di pubblico intrattenimento e di contrasto all’utilizzo distorto del web”.
Sui migranti
Il decreto, attraverso il riconoscimento di una “protezione speciale”, ripristina per i migranti un meccanismo analogo alla protezione umanitaria che era stata ridotta a pochissimi casi con gli esiti che si possono purtroppo immaginare.
Nelle nuove norme – spiega il comunicato ufficiale di Palazzo Chigi – si prevede il divieto di espulsione e di respingimento nel caso in cui la persona straniera corra il rischio di essere sottoposta a “trattamenti inumani e degradanti” e di veder violato il “diritto al rispetto della sua vita privata e familiare”. Un altro punto importante è l’ampliamento delle possibilità di convertire in permessi di lavoro quelli rilasciati per altre motivazioni. Si aggiungono infatti le categorie di “protezione speciale, calamità, residenza elettiva, acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, attività sportiva, lavoro di tipo artistico, motivi religiosi e assistenza ai minori”.
Altro aspetto rilevante è la creazione di un nuovo “Sistema di accoglienza e integrazione” che per certi versi è paragonabile a quel sistema di accoglienza diffusa noto come Sprar, abolito dai precedenti decreti nonostante si fosse rivelato in concreto la risposta più efficace sul piano sociale e organizzativo. “Le attività di prima assistenza – nota Palazzo Chigi – continueranno a essere svolte nei centri governativi ordinari e straordinari. Successivamente, il Sistema si articolerà in due livelli di prestazioni: il primo dedicato ai richiedenti protezione internazionale, il secondo a coloro che ne sono già titolari, con servizi aggiuntivi finalizzati all’integrazione”. Perché senza integrazione non ci può essere sicurezza, come hanno dimostrato i due anni di applicazione dei precedenti decreti.
Le operazioni in mare
Per quanto riguarda i profili relativi alla navigazione, in caso di violazione delle norme sul traffico di migranti e per altri motivi di sicurezza pubblica, il divieto di transito delle navi potrà essere adottato su proposta del ministro dell’Interno, di concerto con il ministro della Difesa e di quello delle Infrastrutture, previa informazione al Presidente del Consiglio. Un atto collegiale, quindi. Nelle operazioni di soccorso in mare il divieto non si applicherà qualora siano state informate le autorità italiane e quelle dello Stato di bandiera dell’imbarcazione e siano state rispettate le indicazioni ricevute dal “centro di coordinamento”.
Cancellate le multe abnormi e la possibilità di confisca della nave, sanzioni amministrative che sembravano mirate a colpire proprio le ong, l’inosservanza dei divieti farà scattare comunque la disciplina ordinaria del codice della navigazione, che prevede sanzioni penali come la reclusione da sei mesi a due anni e la multa da 8mila a 20mila euro.
Daspo e web
Le altre misure previste dal decreto-legge in materia di ordine pubblico tengono evidentemente conto di alcuni gravissimi fatti di cronaca, come l’assassinio di Willy a Colleferro. Viene rafforzato il cosiddetto “Daspo urbano”, con cui il questore può stabilire il divieto di accesso ai locali pubblici anche nei confronti dei soggetti che abbiano riportato una o più denunce o una condanna non definitiva, nel corso degli ultimi tre anni, relativamente alla vendita o cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope. Inoltre, si inaspriscono le pene per i soggetti coinvolti in risse, prevedendo che, qualora qualcuno resti ucciso o riporti lesioni personali, il solo fatto della partecipazione alla stessa sia punibile con la reclusione da sei mesi a sei anni.
Il decreto estende il meccanismo dell’oscuramento, già applicato contro la pedopornografia online, ai siti che vengono utilizzati per commettere reati in materia di stupefacenti, e introduce una nuova fattispecie di reato per sanzionare chi introduce o detiene all’interno delle carceri telefoni cellulari o altri dispositivi mobili di comunicazione.