In Italia è vigente la 184 del 1983. Una forte accelerata verso una riforma è venuta dal dibattito sulla “stepchild adoption”. Il parere delle associazioni
di Gigliola ALFARO
Sulle adozioni, in Italia, è vigente la legge 184 del 1983, anche se già sono state apportate alcune modifiche con la 149 del 2001 e la 173 del 2015. Una forte accelerata verso una riforma è venuta dal dibattito sulla “stepchild adoption”. Si è parlato di un disegno di legge, da approvare in tempi brevi, che dovrebbe toccare sia l’adozione nazionale sia quella internazionale e anche aspetti più spinosi come l’apertura a single e coppie omosessuali, ma, intanto, è partita un’indagine conoscitiva della Commissione Giustizia della Camera sull’attuazione della legislazione in materia di adozioni e affido. Guardando all’interesse del bambino, cosa servirebbe in una nuova legge sulle adozioni?
«Crediamo che al momento non ci sia bisogno di un cambiamento della legge sull’adozione, mentre è importante una migliore applicazione di quella che c’è già. Purtroppo, le istanze che avanzano spostano l’attenzione non più sul diritto del bambino in situazione di abbandono ad avere una famiglia, ma sul diritto degli adulti ad avere un figlio. Noi ribadiamo che non esiste un diritto ad avere un figlio, da parte di chiunque (coppie eterosessuali coniugate, conviventi etero o omosessuali, singoli), ma solo il diritto del minore a essere adottato», sostiene Donata Micucci, presidente dell’Anfaa (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie). Micucci ricorda alcuni dati: «Nel 2014 sono stati dichiarati adottabili 1.397 minorenni, mentre le coppie che hanno presentato domanda di adozione nazionale sono state 9.657». Eppure, «il numero delle adozioni nazionali è costantemente inferiore ogni anno al numero dei bambini dichiarati adottabili in Italia». Ad esempio, nel 2014 «circa 300 minorenni non sono stati adottati, probabilmente per la gravità delle loro condizioni psicofisiche e l’età preadolescenziale o adolescenziale». Purtroppo, «il loro numero è destinato ad aumentare se non si attivano progetti specifici di preparazione e di sostegno delle famiglie che potrebbero accoglierli se fossero loro offerti i necessari sostegni da parte delle istituzioni: adesso, questi supporti non sono garantiti con l’unica eccezione della Regione Piemonte».
Si tratta di una questione che riguarda anche le adozioni internazionali. «Sempre di più i Paesi stranieri ci chiedono di intervenire a favore di minori con necessità particolari, ma il problema è che le famiglie, una volta rientrate in Italia, si sentono rispondere a livello pubblico che non ci sono risorse per sostenere i bisogni di questi bambini», denuncia Daniela Bertolusso, membro della segreteria tecnica di Amici di Don Bosco onlus che si occupa delle pratiche di adozioni internazionali.
Per Alberto Pezzi, referente per la rete adozione dell’associazione Famiglie per l’accoglienza, «modificare ora la legge 184/83 significa rischiare di fare passi indietro e non in avanti. La 184 va difesa perché contiene tutta una serie di equilibri che salvaguardano il primato del minore, con il suo vero bene». Miglioramenti sono, comunque, possibili: «La disponibilità all’adozione nel nostro popolo va valorizzata al meglio con intelligenza e concretezza. Il sostegno economico alle famiglie potrebbe essere potenziato. Auspicabile anche il riconoscimento del ruolo dell’associazionismo familiare e la sua valorizzazione nell’accompagnamento alle famiglie nel percorso adottivo prima ma soprattutto dopo». Una «preoccupazione» riguarda l’articolo 44 della vigente legge sulle adozioni in casi particolari: «Si devono evitare interpretazioni forzate e fantasiose», perché «è il bene del bambino che ci deve guidare sempre».
«La necessità di rivedere la legge solo per facilitare l’adottabilità da parte di una minoranza mi sembra sbagliato: prima bisogna risolvere i problemi delle famiglie italiane che vogliono accogliere i bambini abbandonati e dopo si pensa al resto», rilancia Andrea Turatti, presidente di Famiglie nuove.
Marco Griffini, presidente di Aibi (Amici dei bambini), ricorda come la sua associazione da diversi anni chieda una riforma della legge sulle adozioni, ma «solo ora che ci sono in ballo gli interessi delle coppie omosessuali, c’è stata un’accelerata. Come Aibi faremo obiezione di coscienza alle adozioni omosessuali». Griffini avanza anche «il rischio che si voglia creare un’agenzia statale per evitare tutti i problemi di coscienza» e anticipa che «a breve dovrebbe essere preparato un manifesto di area cattolica per portare il nostro contributo in seno al dibattito sulla riforma», che per Aibi è necessaria. Per l’adozione nazionale, «proponiamo di nominare un avvocato difensore del bambino all’atto di allontanamento dalla famiglia che si faccia carico del suo progetto di vita». Un’altra novità da introdurre sarebbe «stabilire che l’affido non duri più di due anni». Ancora più complessa è la situazione sul fronte delle adozioni internazionali: «Occorre passare da una cultura della selezione a quella dell’accompagnamento», che dovrebbe «essere a carico dei servizi, delle associazioni familiari e degli enti autorizzati». Griffini propone «di trasferire la Commissione per le adozioni internazionali presso il Ministero per gli Affari esteri e di attribuire a un funzionario presso ogni Ambasciata la competenza sulle adozioni internazionali».
Anche Turatti pensa che la legge abbia bisogno di un aggiornamento, soprattutto, per quanto riguarda le adozioni internazionali, facilitando «l’accreditamento degli enti autorizzati nei Paesi stranieri, le procedure di idoneità delle coppie e una semplificazione per scaricare le spese sostenute per l’adozione». Problemi anche per il sistema delle adozioni nazionali, che «è molto burocratico e lungo: far rientrare l’attesa in un tempo certo sarebbe una cosa giusta per tutti, ma soprattutto dal punto di vista dei bambini».