Oltre un migliaio di persone davanti alla Stazione Centrale per «#Maipiùstragi», manifestazione solidale con chi combatte la criminalità organizzata. Videomessaggio dell’Arcivescovo a nome dei Vescovi italiani: «Gli onesti uniti nel difendere il bene comune»
di Annamaria
Braccini
Dall’estremo sud d’Italia a una delle piazze simbolo di Milano, davanti alla Stazione Centrale, per dire, anzi gridare, con una voce sola: «Basta alle mafie, alle stragi, alla ’ndrangheta, alle intimidazioni». La grande mobilitazione «#Maipiùstragi», voluta da oltre 150 associazioni e realtà «prima che succeda l’irreparabile», è stata non solo un momento di denuncia delle infiltrazioni criminali, in atto ormai da decenni anche in Lombardia, ma anche una festa di popolo, tra testimonianze, musica, video di rappresentanti della società civile, del mondo dello spettacolo e della cultura, della musica e del giornalismo.
Oltre mille le persone giunte davanti al palco in piazza Duca d’Aosta, per partecipare con striscioni e bandiere, tra le immagini delle vittime della strage di piazza Fontana, di Falcone e di Borsellino, alla prima manifestazione di questo tenore svoltasi in Lombardia, a sostegno del procuratore della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri, recentemente minacciato, e di tutti coloro che rischiano la vita a causa delle mafie. Una «scorta civica» – organizzata con il sostegno del Comune di Milano -, alla quale non hanno voluto mancare l’Arcivescovo, presente con un videomessaggio, e diverse realtà di impegno cristiano, quali l’Azione Cattolica, le Acli e l’Agesci, Caritas italiana e ambrosiana, la Fondazione San Bernardino, il Csi Milano, la Fom e il coordinamento degli Oratori Diocesi lombarde (Odl), come pure gruppi provenienti da alcune zone della Diocesi, come la Rete Antimafie della Martesana o il Movimento Agende Rosse di Vimercate.
L’Arcivescovo: «Una rivoluzione morale»
«Nessuno deve sentirsi solo: tutti noi vogliamo sentirci solidali con coloro che contrastano l’illegalità e la malavita organizzata – ha sottolineato l’Arcivescovo Mario a nome di tutti i Vescovi italiani -. La malavita organizzata ricorre alla violenza, ma ogni violento è un uomo malato che, facendo opere di intimidazione e di cattiveria, finisce per rovinare, oltre che gli altri, anche se stesso. Ogni vittima della violenza è una vittima che grida al cospetto di Dio, chiedendo giustizia», ha proseguito. «Il contrasto alla malavita organizzata e ai suoi metodi è un modo per contribuire al bene delle persone, al bene del Paese, al bene dell’umanità. Per questo esprimo il mio apprezzamento e il mio incoraggiamento al dottor Gratteri. Sono consapevole che la malavita organizzata non è localizzata in qualche regione d’Italia, ma penetra in tutte le parti, inquina tutte le economie, danneggia famiglie, persone e prosciuga delle risorse che non possono più essere messe a servizio della società; è un male che si insinua come un cancro, che rovina l’organismo sano».
Ma come contrastare «questa malattia sociale, questo cancro aggressivo»? Con quelle che monsignor Delpini definisce «una conversione morale e una fortezza interiore»: «È necessario che i cittadini onesti siano uniti nel difendere il bene comune. È necessario dimostrare che l’opera onesta è più solida e più redditizia dell’opera disonesta; che la cura per il bene comune favorisce e arricchisce i cittadini più che l’ossessione per il proprio interesse privato. Una rivoluzione morale è necessaria perché ci sia una cura della legalità. È per questo che invito tutti a riflettere sulla necessaria conversione morale e sulla unità di tutte le parti sane della società, perché il male sia estirpato e coloro che fanno il male siano convinti che è meglio fare il bene».
Zuppi: «Un fenomeno vigliacco»
Parole precedute dalla lettura di un messaggio del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna: «La Chiesa italiana sostiene tutti gli sforzi dei singoli e delle istituzioni che combattono il fenomeno vigliacco delle mafie. Perché un mafioso è un vigliacco. Il monito di san Giovanni Paolo II ad Agrigento invita non solo i mafiosi a temere il giudizio di Dio, ma tutti noi a schierarci senza incertezze dalla parte della giustizia, dell’onestà, del bene comune: unica regola del cristiano. Don Pino Puglisi lo ricorda a tutti: “Serve portare speranza e non dimenticare che tutti, ciascuno al proprio posto, anche pagando di persona, siamo i costruttori di un mondo nuovo”. Ecco come si vincono le mafie».
«Perché diverrebbero proliferare persone che, come ha detto il Papa, devono essere considerate scomunicate? – si chiede monsignor Attilio Nostro, vescovo di Mileto, Nicotera, Tropea e segretario della Conferenza episcopale calabrese -. Dobbiamo intraprendere una battaglia con questa gente. La Calabria per troppo tempo è stata pregiudicata e isolata senza poter dare il proprio contributo».
Caritas: «Non lasciamo sole le vittime»
«Noi siamo dalla parte dei poveri e quando non c’è giustizia e legalità i primi a pagare sono proprio i poveri. Siamo qui per fare la nostra parte come la deve fare ognuno attraverso stili di vita corretti. Da questa piazza dobbiamo ripartire convinti di poterci liberare da chi vuole rubarci il nostro Paese», evidenzia don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana, mentre Luciano Gualzetti, pari ruolo in Caritas ambrosiana e presidente della Consulta nazionale Antiusura Giovanni Paolo II e della Fondazione San Bernardino promossa dai Vescovi lombardi, ribadisce: «Alla San Bernardino arrivano tra le 300 e le 350 situazioni di sovraindebitamento all’anno. Ma quasi nessuno denuncia gli usurai. Per vincere le mafie non dobbiamo lasciare sole le vittime e saper organizzare il bene».
Gli interventi istituzionali
A portare il convinto sostegno del Comune è l’assessore Marco Granelli: «Aver scelto Milano per questa manifestazione è importante, deve venirne il messaggio forte che qui non c’è spazio per le mafie», aggiunge anche in riferimento alle preoccupazioni di infiltrazione per i tanti cantieri che stanno partendo in vista delle Olimpiadi del 2026.
Espressioni di profonda stima professionale, solidarietà e amicizia umana per Gratteri, sotto scorta dal 1989 – «un uomo semplice, della Locride, che non hai mai mollato in 36 anni di servizio, avendo comminato secoli di condanne definitive ai criminali» – vengono da Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia, e da Alessandra Dolci, procuratrice antimafia di Milano. «Bisogna andare nei luoghi di lavoro, nei bar, nelle piazze, nelle università per far capire che la prima emergenza democratica del Paese è il mancato contrasto alle organizzazioni mafiose», scandisce Morra, che evidenzia la presenza della criminalità organizzata in Lombardia fin dagli anni Settanta: «Perché Milano? Ce lo ha insegnato Falcone che occorre seguire i soldi e qui c’è ricchezza. Le mafie, ma in particolar modo la ’ndrangheta, sono un atteggiamento culturale: per questo sono dappertutto». Sulla necessità di sinergie operative, messe in campo da tempo tra le diverse Procure, ma da incrementare, si sofferma Dolci che chiama i movimenti «un’antimafia in movimento che cresce sempre di più».
Insomma, il movimento di quelle “feste” della legalità e della giustizia, da portare per le strade e in ogni piazza del Paese, per dire – come fa Vincenzo Linarello, presidente del Gruppo Cooperativo-Goel – «che le mafie sono organizzazioni eversive e terroristiche, non solo criminali, per cui servono leggi straordinarie, mentre finora non si registrano nemmeno misure contro l’infiltrazione della ’ndrangheta nell’utilizzo dei fondi del Pnrr».