La nomina di Mario Monti a senatore a vita (preludio a un incarico alla guida del Governo?) risponde alla necessità di tenere testa ai mercati finanziari
di Gianni BORSA
Sir Europa (Bruxelles)
Con i mercati finanziari che premono, la speculazione alle porte di casa, una crisi sempre incombente (come certificano le Previsioni economiche d’autunno rese note a Bruxelles) e gli impegni assunti con l’Europa che attendono di essere rispettati, la mossa della nomina di Mario Monti a senatore a vita, che prelude a un suo incarico alla guida del Governo, rappresenta l’asso che il Quirinale mette sul tavolo per superare lo stallo politico in cui si trova l’Italia. E si tratta di una mossa che i partner europei e gli Stati Uniti attendevano.
Certo, un uomo solo, per quanto autorevole e apprezzato in casa e oltre i confini nazionali, non è sufficiente a risolvere i problemi. Ma attorno a una figura di così alto profilo accademico e istituzionale è possibile imbastire quelle risposte che gli stessi mercati, il Fondo monetario internazionale, l’Unione europea e gli Stati Uniti aspettavano da Roma.
Il commissario Ue Olli Rehn, responsabile per gli affari monetari, ieri si diceva «molto preoccupato» per la situazione italiana, anche alla luce delle fosche prospettive economiche, per poi confermare: «Può cambiare l’Esecutivo, ma non possono cambiare gli impegni assunti con l’Europa».
Il livello raggiunto dallo spread Btp-Bund, la consistenza del debito pubblico, l’“economia reale” col freno a mano tirato, richiedono dunque una presenza istituzionale credibile e una politica “del fare” che guidino il Paese fuori dalle secche, rassicurando Eurolandia e l’intera Ue27. Come ha affermato ieri il presidente Usa Barack Obama «l’Italia non è la Grecia», ovvero «è un Paese che può far fronte al proprio debito a patto che i mercati non abbiano una crisi di fiducia sulla volontà politica italiana e la capacità di non perdere il controllo del sistema». Al contempo, ha ribadito l’inquilino della Casa Bianca, «è necessario che l’Ue invii un segnale chiaro ai mercati che farà la sua parte accertandosi così che l’Italia superi questa crisi». Un messaggio, questo, inviato soprattutto a Germania e Francia, che in questa fase hanno rafforzato – piaccia o meno – il loro ruolo di garanti e “azionisti di maggioranza” dell’integrazione comunitaria.
Sullo sfondo restano le 39 domande inviate da Bruxelles al Governo italiano in merito al risanamento dei conti pubblici e della stabilità finanziaria. La Ue ha messo in dubbio che la promessa formulata dall’Esecutivo uscente di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 possa essere mantenuta; allo stesso tempo si rilancia la disponibilità a un percorso “sorvegliato” di risanamento, di rigore e, infine, di ripresa, perché – è stato ribadito più volte in tutte le sedi internazionali, fino al G20 di Cannes – il vero antidoto alla crisi è la crescita.
Monti, dunque, conosciuto quale garante del mercato interno e della concorrenza nel suo doppio mandato di commissario Ue prima a fianco di Jacques Santer e poi di Romano Prodi, collaboratore di José Manuel Barroso per la riorganizzazione del mercato unico e della governance, è guardato con simpatia nelle alte sfere europee. Se dovesse effettivamente ricevere l’incarico di guidare l’Italia in questa fase tribolata potrebbe quanto meno contare, da subito, sulla stima di Angela Merkel, Nikolas Sarkozy, Barack Obama e dei responsabili delle istituzioni comunitarie e di quelle finanziarie.