Ad Atlanta oltre 400 fedeli hanno pregato e manifestato contro l'ingiustizia razziale e il razzismo, ricordando tutte le vittime della lotta per l’uguaglianza
di Maddalena
MALTESE
da New York
Ancora una morte violenta. Ancora un afroamericano ucciso dalla polizia. Ancora proteste e negozi incendiati. Stavolta tocca ad Atlanta, la capitale della Georgia, la città natale di Martin Luther King. Sabato scorso, a cadere sotto tre colpi sparati alle spalle da agenti della polizia, è stato Rayshard Brooks. Si era addormentato nella sua macchina, questo 27enne, perché voleva riprendersi da quel bicchiere di birra in più prima di guidare dritto a casa dove lo aspettava la sua bambina di sei anni per celebrare il compleanno. Rayshard a casa non è più rientrato perché, a seguito di una collutazione con gli agenti che avrebbero dovuto accertare il suo stato di salute e invece volevano arrestarlo, ha tentato una fuga tumultuosa ed è stato ucciso. Il poliziotto che lo ha colpito è stato licenziato, mentre il capo della polizia cittadina si è dimesso. Non è nemmeno trascorso un mese dalla morte di George Floyd e ancora nuovo sangue e acerrime proteste scuotono le città Usa.
«Le città e gli Stati stanno ponendo restrizioni specifiche sull’uso della forza da parte delle forze dell’ordine e il trasferimento di risorse pubbliche per investire in soluzioni comunitarie – ha ricordato l’American Civil Liberties Union, un’organizzazione no profit che si batte per la difesa dei diritti civili e che ogni mese riceve oltre 300 segnalazioni -. Manifestanti, attivisti, politici, giovani, religiosi, leader delle imprese e delle comunità devono unirsi per realizzare cambiamenti strutturali. Atlanta deve aprire la strada per reinventare la sicurezza pubblica».
In centro città, proprio giovedì scorso, oltre 400 fedeli delle diverse parrocchie dell’arcidiocesi avevano marciato pacificamente e in preghiera per manifestare contro l’ingiustizia razziale e il peccato del razzismo. Al principale parco cittadino avevano sostato in preghiera silenziosa per 8’46’’ per ricordare tutte le vittime nella lotta per l’uguaglianza razziale, indossando una t-shirt bianca o nera in segno di solidarietà, con il volto coperto dalle mascherine e la distanza di sicurezza.
«Il messaggio è chiaro. Stiamo unendo le nostre voci con le voci di molti altri per parlare delle persone emarginate nella nostra comunità e nazione. Chiediamo giustizia per coloro che sono oppressi, perché è ciò che Gesù ci ha chiamato a fare -, ha spiegato padre Victor Galier, uno degli organizzatori della marcia e pastore di Sant’Antonio da Padova, la parrocchia cattolica afroamericana, nel west-end di Atlanta -. Ci siamo impegnati nel proclamare il Vangelo e ci impegniamo a essere attivamente antirazzisti nelle nostre parole e azioni. Durante questi giorni difficili senza giustizia, dobbiamo alzare la voce e lavorare per la trasformazione nella nostra nazione», aveva ribadito il parroco, invitando a chiedere la riforma dell’uso della forza della polizia, che proprio 24 ore dopo ne ha dato una prova schiacciante, uccidendo un papà atteso per celebrare il compleanno della figlia.
«La marcia è solo l’inizio – ha ribadito l’arcivescovo Hartmayer, rivolgendosi soprattutto agli scettici e a chi non era entuasiasta dell’iniziativa -. Le nostre famiglie afroamericane stanno soffrendo. Dobbiamo ascoltare le loro voci. Dobbiamo camminare con loro in questo nuovo viaggio. Marciamo perché abbiamo bisogno di un’altra conversione».
Tutti i partecipanti sono stati incoraggiati ad «ascoltare, imparare e agire», incontrando persone ai margini, ascoltando storie sul razzismo e promuovere attivamente la giustizia. Sono stati anche suggeriti film e la partecipazioni a movimenti che vogliono porre fine alla brutalità della polizia e lavorare per l’approvazione di una legislazione contro i crimini ispirati dall’odio.