Il direttore di «Avvenire» Marco Tarquinio, relatore al Convegno Mondialità, mette in guardia dai drammatici rischi di un’escalation bellica e auspica passi avanti sulla strada diplomatica

Conseguenze dell'attacco missilistico russo a Dnipro (foto FB Volodymyr Zelenskyi)
Conseguenze dell'attacco missilistico russo a Dnipro (foto FB Volodymyr Zelenskyi)

di Annamaria Braccini

«La geopolitica della guerra e della pace». È questo il titolo della comunicazione che il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, proporrà nel Convegno Mondialità 2023 (leggi qui). Perché questa scelta? «L’ordine della frase già dice qualcosa, ossia che le grandi strategie internazionali e di sistemazione dell’ordine (o, meglio, del disordine mondiale) sono prioritariamente impregnate di scelte di guerra con conflitti condotti in diverse maniere, oltre le armi tradizionali, secondo la nostra complicata e straordinaria modernità», spiega Tarquinio.

Come dice il Papa, viviamo davvero una III guerra mondiale a pezzi?
Da qualche settimana il Papa ha cominciato a non dire più «a pezzi», ma solo «III guerra mondiale». Basti pensare ai 169 conflitti in atto – secondo il database curato dall’Università di Uppsala – anche se le guerre, diciamo così, “classiche” tra Stati sono solo 4, tra cui quella in Ucraina.

Avvenire è uno dei pochi media che riserva uno spazio notevolissimo ai Paesi e alle guerre dimenticate. La gente è interessata?
È un lavoro che possiamo fare perché l’editore ce lo consente e idealmente ci sprona e perché abbiamo un lettorato esigente, intelligente e interessato. Non possono esistere alibi: se facciamo informazione di bassa qualità, stiamo tradendo il patto con i lettori. Credo che l’informazione di questo tipo sia utile, perché aiuta a dare concretezza e profondità alle storie che ci vengono incontro anche attraverso le migrazioni forzate. E, poi, è bello fare questo mestiere perché, raccontando le cose storte, riusciamo sempre a trovare quelli che fanno la cosa giusta, che costruiscono la pace stando dalla parte delle vittime, dei più deboli. Pensiamo a suor Luisa dell’Orto (leggi qui) o a suor Maria De Coppi (leggi qui). La pace credo che sia attraente, anche se adesso sembra che vada di moda la guerra.

Marco Tarquinio

Nel suo messaggio per il terremoto (leggi qui), l’arcivescovo Delpini si chiede se questa tragedia convincerà della stoltezza della guerra…
Abbiamo sintonia profonda con l’Arcivescovo anche quando dice questo, e dico sempre che da Milano si vedono bene l’Italia e il mondo. I governanti dei Paesi colpiti faranno del sisma soltanto un motivo per rafforzare il proprio potere e tenere sotto controllo gli scenari bellici, come in Siria, o di conflitto interno con le minoranze, come in Turchia? Questo non riguarda solo loro, ma anche tutti noi.

Il Convegno Mondialità intende celebrare il 60° della Pacem in terris, soprattutto, chiedendosi cosa, dell’enciclica, sia rimasta lettera morta. Questo non dice molto di questi sei decenni?
Sì, concordo completamente con questa analisi. San Giovanni XXIII nell’enciclica spiega che la pace è costruita su 4 pilastri: la libertà, la giustizia, la verità e l’amore. Uno dei grandi problemi della nostra politica e anche del sentire comune, è avere considerato essenziali solo la libertà e la giustizia, mentre gli altri due aspetti – pur non fuori dalla nostra portata – sono stati letti come cose da anime belle, accessorie, di cui si può fare a meno. I risultati di un tale atteggiamento sono sotto gli occhi di tutti.

Come finirà in Ucraina?
È urgente che si rafforzino gli sforzi che la Santa Sede sostiene incessantemente nonostante le apparenti indisponibilità di Mosca e Kiev. Siamo su un piano inclinato drammatico, come ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite. Molti degli analisti che teorizzano persino trionfanti il prossimo scendere in campo delle truppe della Nato non sanno di cosa parlano, ma ne parlano: questo passo di guerra totale è da scongiurare.

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