Dai casi di Enea e della bimba di Quarto Oggiaro sorge un auspicio: la via di attenzione aperta da Cav, Sos Vita, Progetto Gemma e Case di Accoglienza diventi permanente e globale e si estenda anche ai bimbi non nati
di Marina
CASINI
Presidente del Movimento per la Vita italiano (da Agensir)
C’è un’amorevole, vivace e prolungata attenzione in questi giorni sul piccolo Enea, appena nato, deposto dalla madre nella Culla per la Vita della Clinica Mangiagalli a Milano. A Enea si è unita una bimba nata in un capannone di Quarto Oggiaro e poi abbandonata dalla mamma dopo essersi assicurata che la piccola, ancora senza nome, avesse ricevuto tutte le cure del caso.
Storie drammatiche e belle al tempo stesso, che sembrano sprigionare lo stupore racchiuso nel celebre verso del Talmud: «Chi salva una vita salva il mondo intero». E, nello stesso tempo, ricordano a tutti che ogni «bambino nato o non ancora nato è stato creato per una grande cosa: amare ed essere amato». Due straordinari messaggi che fanno sobbalzare al solo pensiero di come avrebbe potuto essere tragicamente diversa la sorte di Enea se quella culla non ci fosse stata.
Il messaggio delle culle
Le culle sono una benedizione, perché dicono che si può passare dalla solitudine alla condivisione, dalla disperazione alla speranza: «Se tu, mamma, non ce la fai o non puoi, pensiamo noi al tuo bimbo o alla tua bimba. Non temere. Il tuo piccolo è prezioso per noi. Sarà accolto e amato». Questo dicono le culle. Chissà cosa hanno vissuto le mamme di questi piccoli. Chissà cosa le ha spinte a separarsi dalle loro creature. Chissà come hanno partorito e perché non hanno fatto ricorso al parto in anonimato. È certo però che hanno voluto bene ai loro figli: li hanno dati alla luce.
La mamma di Enea gli ha dato un nome, ha lasciato accanto a lui un biglietto, «la mamma mi ama, ma non può occuparsi di me». Quella di Quarto Oggiaro, pur lasciandosi identificare, non l’ha riconosciuta. In entrambi i casi non è stato comunque un “abbandono”. Nei loro gesti, seppur estremi, non “rifiuto”, ma “affidamento”, fiducia nella solidarietà di altri, richiesta di protezione e cura. Le culle per la vita. Felici di essere nati è la nuova edizione del libro di Rosa Rao, ora in stampa a cura del Movimento per la Vita. Un testo documentato che racconta la storia delle culle, versione moderna delle antiche “ruote”, e aggiorna numeri e dati. Per esempio, risulta che le culle presenti in vari luoghi d’Italia hanno ospitato a oggi 13 neonati.
Monumenti alla vita
Ma l’importanza delle culle va oltre i numeri: per il fatto stesso di esserci con la loro silenziosa visibilità parlano di speranza e accoglienza, simboleggiano le braccia aperte della società e per questo hanno probabilmente rafforzato il coraggio delle madri all’accoglienza dei figli in grembo.
Le culle, questi monumenti alla vita, sono anche un monito che invita a pensare e a riflettere su quella moltitudine di bambini ai quali viene impedito di nascere. Bambini che la società non vuole vedere, scartati in nome di falsi diritti e di un’idea corrotta di libertà. Eppure la società esiste anche per loro e per le loro mamme.
Anche questi bambini non nati, anche loro, «sono figli di tutta la società, e la loro uccisione in numero enorme, con l’avallo degli Stati, costituisce un grave problema che mina alle basi la costruzione della giustizia, compromettendo la corretta soluzione di ogni altra questione umana e sociale» (Papa Francesco, 2 febbraio 2019).
Enea e tutti gli altri neonati che come lui sono stati messi nelle culle, non erano – nella loro irripetibile unicità – forse gli stessi che poche ore prima si trovavano nel seno della mamma? E, andando ancor più a ritroso, non erano forse gli stessi che hanno iniziato a esistere in quel big bang chiamato concepimento?
La culla per la vita invoca con il suo silenzioso linguaggio che tutta la società diventi una grande culla della vita anche prima della nascita. I Centri di Aiuto alla Vita, Sos Vita, Progetto Gemma, le Case di Accoglienza hanno aperto la strada e la tengono aperta. Come sarebbe bello se su questa strada camminasse tutta la società compresa la politica, affinché l’amorevole, vivace e prolungata attenzione oggi riversata giustamente verso il piccolo Enea diventi accogliente sguardo permanente di tutti rivolto anche ai bambini non nati e alle loro mamme.
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